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LUCA SALSI

di Maresa Galli

Numero 217 - Febbraio 2021

Ha cantato nei più importanti teatri del mondo, brillante nel repertorio verdiano, incanta per bravura e potenza, coniugando con eleganza belcanto e recitazione: il baritono Luca Salsi interpreta l’opera “Il Pirata” di Vincenzo Bellini, in scena al Teatro di San Carlo, in streaming dal 5 al 28 febbraio. L’opera, diretta da Antonino Fogliani, richiede grandi doti vocali. Lo affiancano Sondra Radvanovsky (Imogene) e Celso Albelo (Gualtiero). Il celebre baritono si racconta ai lettori di Albatrosmagazine.


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Lei interpreta il ruolo di Ernesto duca di Caldora ne “Il pirata”, l’opera belliniana un tempo surclassata dalle più famose “Norma”, “I Puritani”, “La Sonnambula”. Archetipo della futura opera romantica, vanta mirabili melodie ed è stata cimento di tante grandi voci della lirica… Come affronta il personaggio?-taglio- Il personaggio di Ernesto è sicuramente da collocare nella lista dei ruoli eroici. Resta comunque chiaro che la scrittura belliniana va rispettata e quindi si deve cercare nello stile belcantista la chiave di questo personaggio. Eroico ma nobile. Un precursore dei grandi personaggi prima donizettiani e poi del grande Verdi. Con Celso Albelo (Gualtiero) lei ha già interpretato, sempre al Lirico, “Un ballo in maschera”, nel 2019, per la regia di Donato Renzetti… Con Celso siamo amici da anni. Abbiamo cantato insieme in Puritani, Pagliacci, Falstaff e per ultimo nel Ballo in maschera. È un grande artista e un cantante dal quale imparare molto lo stile belcantista. Mi auguro di poter cantare ancora tante altre volte con lui. Lei è specializzato in ruoli verdiani, perfetto esempio di melodramma che scandaglia tutte le passioni dell’animo umano conferendo grande importanza alla parola scenica… Quali personaggi sente più vicini? Sicuramente le parti e i personaggi che sento più vicini sono Macbeth e Simon Boccanegra. Prima di tutto, per la scrittura musicale che è perfettamente centrata con la mia vocalità, poi perché mi offrono la possibilità di giocare con i colori delle parole e del testo, di sottolineare la parola scenica tanto cara a Verdi. Fondamentale è l’esperienza ma di certo è la grande scuola che forgia un artista: quali sono stati i suoi maestri? Tante “finezze”, sfumature, l’uso sapiente dei fiati, suoni in maschera, sono frutto di duro, appassionato studio con brillanti docenti… Devo differenziare il significato della parola “Maestro”. Per quel che riguarda lo studio del canto il mio Maestro è stato ed è tuttora Il baritono Carlo Meliciani. A lui devo tutto quello che so sul canto e il modo in cui uso la mia voce. Per il discorso musicale sicuramente il Maestro Muti, mio mentore e fonte di grande apprendimento. Lui mi ha forgiato e plasmato, insegnandomi come affrontare uno spartito e come poter interpretare un ruolo, come leggere dietro le note che i compositori hanno scritto.-taglio2- Lei è stato diretto dai più grandi direttori, da Muti a Chailly che l’ha chiamata per inaugurare la Stagione scaligera: con quali altri nomi vorrebbe lavorare in futuro? Mi piacerebbe cantare con il Maestro Barenboim. Trovo sia un ottimo musicista e mi piacerebbe confrontarmi e imparare da lui cose nuove. Sono una persona aperta e sempre pronta al confronto e ad apprendere da chi conosce più di me. Il mondo dello spettacolo soffre la mancanza degli spettacoli in presenza. Unico vantaggio dello streaming è far apprezzare l’opera ad un pubblico sempre più ampio e trasversale. Le esecuzioni in forma di concerto non privano comunque le opere del loro spirito, della bellezza della scrittura, dell’emozione: qual è la sua opinione? Come vede il futuro? Sono d’accordo che in questo momento il discorso streaming sia una buona soluzione, ma mi auguro e ho grande fiducia che si torni presto alla normalità. Il teatro ha bisogno del pubblico. Noi abbiamo bisogno del pubblico. Credo che si dovrebbe investire molto di più sulla cultura del nostro paese, siamo la patria dei grandi compositori, scultori, pittori, scrittori... e cosa ci troviamo ad essere? Il nulla in questo momento. Penso sia dovere di un paese serio fondare le proprie basi sulla propria cultura, ma quella vera che è frutto di una civiltà millenaria, non la tv spazzatura o le canzonette che esprimono tutta l’ignoranza di chi le scrive e di chi le consuma supinamente. Negli anni ‘50/’60/’70 il teatro era anche una grande fonte di reddito dello stato, ora è considerato un problema. Perché? Non lo so, bisognerebbe chiederlo a chi ci governa, ma questi dovrebbero essere sinceri, quindi penso che non lo sapremo mai. Io lotterò sempre perché la nostra cultura sia nel mondo un simbolo e un esempio per tutti.





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