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Lirica che passione

di Maresa Galli

Numero 185 - Febbraio 2018

La Bohème torna al Teatro San Carlo di Napoli, una messinscena fedele alla tradizione ma intrinseca di modernità


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Al Teatro San Carlo torna la Bohème, l’opera in quattro atti di Giacomo Puccini su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illiaca, secondo titolo in cartellone per la stagione operistica 2017/2018 inaugurata lo scorso dicembre con un altro titolo pucciniano, La fanciulla del West. L’opera si ispira al romanzo d’appendice “Scènes de la vie de bohème” di Henry Mürger, uscito a puntate a partire dal 1844 sulla rivista Corsaire. La prima rappresentazione si tenne al Teatro Regio di Torino il 1 febbraio 1896 con la direzione di Arturo Toscanini. Andò in scena per la prima volta a Napoli il 15 marzo 1896. -taglio- È una delle opere più rappresentate al Lirico di Napoli. Con il capolavoro pucciniano esordirono Luciano Pavarotti al San Carlo, nel ’64, e Ruggero Raimondi nel ’67. L’opera, ispirata alla vita spensierata e bohémien di un gruppo di giovani artisti ed ambientata nella Parigi del 1830, nasce da una lunga e tormentata gestazione che vede divisi Illica, legato al romanzo originale, e Puccini, che aspirava al “verismo sentimentale”. Orchestra, Coro e Coro di Voci Bianche del Teatro di San Carlo diretti da Stefano Ranzani, offrono una lettura tradizionale e rigorosa del libretto: la regia di Mario Pontiggia, le grandi scene e i costumi di Francesco Zito e le luci di Bruno Ciulli riportano alla Parigi degli anni’30. Il bell’allestimento è del Teatro Massimo di Palermo. Il regista argentino crede che l’opera non vada stravolta, sottolineando come Bohème sia contemporanea e modernissima. Per Ranzani nella messa in scena “il direttore deve scomparire cercando di far emergere il pensiero dell’autore”. Bella prova dà Eleonora Buratto, un anno fa al San Carlo ne “Le nozze di Figaro”, al suo debutto italiano nel ruolo, intensa Mimì che si alterna con il soprano rumeno Elena Mosuc. Jean-François Borras e Massimiliano Pisapia interpretano Rodolfo, il ruolo di Marcello è affidato a Mario Cassi e Vincenzo Nizzardo mentre Musetta è interpretata da Francesca Dotto e Gladys Rossi. Completano il cast Leon Kim e Alessio Verna (Schaunaurd), Fabrizio Beggi e Laurence Meikle (Colline), Matteo Ferrara (Benoît / Alcindoro) e Stefano Pisani (Parpignol). Bravi gli interpreti nel raccontare il mondo dei giovani che versano in difficoltà economiche ma parlano di libertà e di vivere a -taglio2- modo loro, ricchi di speranza e di sogni, come Mimì e Rodolfo che vanno a convivere. Puccini accoglie in Bohème, unico fra i contemporanei, la tecnica del Falstaff, di melodie non di ampio respiro, con una frammentarietà di frasi liriche nelle quali il canto, come nelle mélodies francesi e nelle opéras lyriques di Thomas e Massenet, rendono le frasi di apparente spontaneità e naturalezza. Assieme alla grande tecnica drammaturgica questo stile regala pura poesia. Il compositore esalta la funzione orchestrale continua attraverso la tecnica sinfonica e il ricorso al leitmotiv più complesso che nasce da una frase vocale, dal canto. Un’armonia nuova, impressionista, e un’orchestrazione che crea per tocchi impercettibili le situazioni, con anticipazioni raveliane, fanno dell’opera, col lirismo emozionale dei personaggi, un capolavoro. La linea del canto è insieme di tipo tradizionale e innovativo, lontano dall’eccesso di verismo, che ben si fonde con la parola che rende perfetto il senso teatrale della scena. Così “Mi chiamano Mimì” apre e chiude l’opera, così come “Che gelida manina” di Rodolfo, poco prima del finale, si ode come un sussurro, commovente. Con Mimì muoiono i sogni di giovinezza, le illusioni, la primavera della vita che precipita nel freddo inverno. Puccini ha saputo trovare come nessun altro compositore della sua epoca l’equilibrio perfetto tra scrittura vocale, rigorosa e insieme appassionata, e linguaggio armonico e orchestrale di straordinaria ricchezza e di grande originalità. Con questa messa in scena si ritrova un capolavoro senza sbavature né riletture forzate, con la potenza della grande musica di Puccini.





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