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Le ville vesuviane del Miglio d’Oro

di Yvonne Carbonaro

Numero 218 - Marzo 2021

Un miglio di splendide ville di epoca borbonica, alcune stupendamente recuperate


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Nel 1738 Carlo di Borbone conobbe la zona di Portici approdandovi con la regina Maria Amalia a causa di un fortunale durante una partita di pesca al tonno ed entrambi ne rimasero incantati. Accogliendo un desiderio della moglie, come lui grandemente interessata ai reperti archeologici che cominciavano ad affiorare, -taglio-e contando giovialmente sulla protezione di San Gennaro in caso di eruzione, volle far costruire una Reggia nei pressi del palazzo che il principe di Elboeuf, durante il periodo del viceregno austriaco, aveva fatto erigere a partire dal 1711 da Ferdinando Sanfelice al Granatello, purtroppo oggi in grave degrado. Per caso infatti nel 1709, durante gli scavi di un pozzo nella sua proprietà, era venuta alla luce una parte del muro della scena del Teatro di Ercolano e nel 1713 furono rinvenute delle “anticaglie”, vale a dire un primo ritrovamento di quelli che saranno poi gli scavi di Ercolano, che il principe cominciò a collezionare nella sua lussuosa residenza. La Reggia borbonica fu realizzata tra il 1742 e il 1759 e vi furono depositati i ritrovamenti che via via sempre più numerosi venivano rinvenuti ad Ercolano, prima di essere definitivamente collocati al Palazzo dei Regi Studi, attuale Museo Nazionale, insieme a quelli più tardi ritrovati a Pompei (per decreto borbonico era stato stabilito che i ritrovamenti archeologici non potessero appartenere a privati). L’aristocrazia napoletana fece a gara per costruirsi a sua volta vicino al palazzo del re lussuose dimore di villeggiatura arricchite da scenografici giardini dolcemente degradanti verso il mare ed eleganti facciate allineate lungo la strada parallela alla costa. Si creò un sistema di ville”, vale a dire una fitta rete di dimore signorili immerse nel verde di parchi accuratamente disegnati e attrezzati. Vari stili dal neoclassico al rococò infatti esistono e si intrecciano a seconda della moda dominante, dell’anno di realizzazione, del gusto dei committenti e della tendenza degli architetti chiamati ad eseguire gli edifici. Nei mesi estivi la corte si dedicava a svaghi, gite in barca, gioco d’azzardo e feste in villa ricevendo numerosi ospiti e viaggiatori stranieri per i quali la visita in un territorio così ricco di reperti romani costituiva ormai una delle tappe più importanti del Grand Tour. (vedi “Le ville di Napoli” di Yvonne Carbonaro e Luigi Cosenza, Newton Compton 2008). Il tratto di strada lungo il quale su susseguono le dimore è stato definito il Miglio d’Oro appunto per lo splendore architettonico e dei criteri abitativi di quella “civiltà delle ville”.-taglio2- Detta denominazione, che riguardava originariamente il miglio da Ercolano a Torre del Greco, è stata poi estesa ad un totale di quattro miglia che comprende anche le prestigiose ville gentilizie nei comuni di Portici e di San Giorgio a Cremano. Trattandosi di un territorio ameno tra il verde il mare, ancora per tutto l’800 ne sono sorte anche all’interno, ma il declino di quelle dimore, cominciato con il tratto costiero di ferrovia voluto da Ferdinando II che, attraversandone i parchi ne ruppe l’armonia tranciandole dal mare, e successivamente e drammaticamente con la II guerra mondiale. Quelle risparmiate dai bombardamenti furono occupate dagli sfollati e subirono manomissioni e saccheggi. Molte versano ancora in grave degrado. L’Ente Ville Vesuviane che le tutela ne ha recuperate alcune come, ad Ercolano, la vanvitelliana Villa Campolieto, sede del suddetto Ente, che ha provveduto ai restauri facendone un modello per le altre. Un ulteriore recente restauro ha ripreso le parti architettoniche e i meravigliosi affreschi settecenteschi consentendo con la nuova apertura per la prima volta la visita alla cava, al romitaggio e al parco. Sono state recuperate agli antichi splendori anche: Villa Ruggiero; Villa Aprile già Riario Sforza, riaperta al pubblico dopo la ristrutturazione come “Miglio d’Oro – Park Hotel”; Villa Favorita, opera di Ferdinando Fuga, che va annoverata tra i Siti Reali da quando passò in eredità a Ferdinando IV; Villa Bruno, con un bel piano nobile quasi intatto e i grandi cantinati con un enorme torchio da uva, gestita insieme a Villa Vannucchi dal Comune di S. Giorgio a Cremano; Villa Savonarola dal Comune di Portici. Nel Comune di Torre del Greco abbiamo Villa Macrina, Villa del Cardinale, Palazzo Vallelonga sede della Banca di Credito Popolare e la Villa delle Ginestre, in cui visse Leopardi dal 1836 al ’37, ubicata a monte alle pendici del Vesuvio, dove il poeta scrisse appunto “la Ginestra”. Oggi appartenente all’Università di Napoli, è stata aggiunta successivamente all’elenco dell’Ente per le Ville Vesuviane che ne ha censite 122 da considerare sotto la sua tutela.





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