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La vita felice

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Numero 239 - Aprile 2023

La vita felice è un dialogo scenico di sant’Agostino scritto nel 386 o 387 d.C. a Cassiciaco nella villa di Verecondo, amico dell’Ipponate. Il dialogo è dedicato a un certo Manlio Teodoro, uomo di notevole prestigio politico e sociale, cultore della filosofia, ma interessato anche allo studio della fisica e della psicologia


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La vita felice è un dialogo scenico di sant’Agostino scritto nel 386 o 387 d.C. a Cassiciaco nella villa di Verecondo, amico dell’Ipponate. Il dialogo è dedicato a un certo Manlio Teodoro, uomo di notevole prestigio politico e sociale, cultore della filosofia, ma interessato anche allo studio della fisica e della psicologia.-taglio- A Cassiciaco, l’odierna Cassago di Brianza, distante da Milano poco più di 40 chilometri, Agostino si era ritirato insieme al figlio Adeodato, alla madre Monica, al fratello, Navigio, ai discepoli Trigezio e Licezio, ai cugini Lartidiano e Rustico, e agli amici Alipio e Nebridio. In questo posto appartato e tranquillo, Agostino riesce a trovare la serenità per affrontare e discutere con loro temi molto rilevanti. E da questi dibattiti nascono i dialoghi tra cui La vita felice.
Questo dialogo, formato da un unico libro, si svolge nell’arco di tre giornate. Il tema è complesso: la felicità. Argomento che era stato oggetto di interesse e di studio di quasi tutti i filosofi che lo avevano preceduto, tra cui Aristotele che tratta questo tema nel libro Etica Nicomachea.
La discussione inizia durante il banchetto per festeggiare il compleanno di Agostino, che chiede se sono tutti convinti che noi siamo formati di anima e corpo. Ottenuta la conferma, domanda se l’anima non debba essere nutrita come si nutre il corpo. Ancora una volta sono tutti d’accordo. A questo punto Agostino chiede se la scienza possa essere l’alimento dell’anima. Monica conferma con decisione che il cibo dell’anima è la scienza; anche se Trigezio solleva qualche dubbio che viene dissipato durante il dibattito.
Superata questa fase, Agostino continua col dire che «noi vogliamo essere felici». Il dialogo muove da questa affermazione e va alla ricerca delle cose che possono renderci felici.
La prima domanda a cui bisogna rispondere è se essere felici significa ottenere tutto ciò che si vuole. In pratica chi ottiene quello che desidera è veramente e sempre felice? La risposta è no! Infatti si giunge alla conclusione che chi ottiene ciò che vuole non sempre è felice, mentre chi non ottiene ciò che vuole certamente è infelice.-taglio2- Quindi ottenere ciò che si vuole è una condizione necessaria ma non sufficiente per la felicità. Per essere sufficiente l’oggetto del volere deve avere delle caratteristiche ben precise ossia deve essere disponibile e permanente, non deve mutare, non deve essere legato alla fortuna, quindi essere indipendente dal caso. E che cosa certamente non muta mai? La risposta è Dio. Allora è felice chi possiede Dio. Solo chi cerca Dio e lo trova può essere felice. Mentre chi non ha trovato Dio non potrà mai essere felice. Ma in questa ricerca, sostiene Monica, è necessario che Dio sia propizio. Quindi chi possiede Dio e lo ha propizio è sicuramente felice. Inoltre, chi possiede Dio possiede anche la verità. La filosofia è una scienza importante per la speculazione e per avvicinarsi al vero, ma da sola non riuscirà mai a raggiungere la verità e quindi la felicità. In conclusione, secondo Agostino, per essere felici bisogna possedere la verità, essere sapienti. E questa sapienza che ci rende felici non può che derivare da Dio. La Sapienza di Dio è il Figlio di Dio, come ci viene presentato dalle Sacre Scritture, dove oltre a rappresentare la Sapienza rappresenta la Verità. Si conferma così che per avere una vita felice è necessario conoscere la verità. È questo un concetto importate che Agostino sostiene con forza nei suoi scritti. Noi non siamo in grado di raggiungere la verità, nemmeno con gli studi filosofici. Ma la verità la possiamo raggiungere. Basta cercarla nel posto giusto, nel nostro mondo interiore, nella nostra anima, è là che dobbiamo cercare: quando l’avremo trovata, avremo trovato Dio. E ancora sulla felicità nel libro VI - 26 delle Confessioni Agostino scrive anche che: «nec esse sine amicis poteram beatus», senza amici non riuscivo ad essere felice, ossia senza amici non c’è felicità.





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