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La sindrome del bambino vulnerabile

di Marco Zorzetto In collaborazione col Dott. Michele Canil

Numero 219 - Aprile 2021

La nascita prematura di un bambino può comportare atteggiamenti controproducenti nei genitori: analisi di un fenomeno molto frequente ma poco conosciuto


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Quando ci troviamo di fronte ad un bimbo nato prematuro, nonostante il normale sviluppo fisico e psicologico, questi viene comunque considerato fragile e suscettibile, comportando atteggiamenti eccessivamente protettivi nei sui confronti che inevitabilmente influiscono sul suo naturale sviluppo. -taglio-Tutto questo si traduce in una sindrome, quella del “bambino vulnerabile”. Dottore, come influisce il rapporto tra madre/figlio nello sviluppo della personalità del bambino? “È fondamentale perché il bambino impara a relazionarsi, impara un proprio ruolo e soprattutto si creano le aspettative per tutte le relazioni future che andrà ad intrattenere. Questo è stato messo in evidenza da numerosi studi longitudinali, vale a dire dalla nascita di un bambino fino al suo sviluppo in età adulta dove sono stati correlati proprio gli stili educativi delle madri a tratti di personalità.” Che ruolo gioca la madre in tutto questo? “Un ruolo fondamentale: nei primi anni di vita, per un bambino, la madre è tutto il suo mondo quindi ogni genere di apprendimento, di privazione deriva da quello che è l'universo mondo della madre. Jean Piaget, psicologo, dice che il sistema nervoso del bambino si autoregola proprio in base a tutte le esperienze percettive e sensoriali che lo stesso può mettere in atto con la madre quindi le carezze, le esperienze tattili, il tono della voce, i tratti somatici della madre, la tipologia di relazione e quello che il bambino anticipa di poter o non poter fare secondo le regole limiti che le madri impongono fin da piccoli.” In cosa consiste la "sindrome del bambino vulnerabile"? “È stata descritta da due pediatri statunitensi ancora negli anni '60 e descrive i genitori eccessivamente apprensivi che temono che il bambino “si rompa”. Genitori che sono talmente preoccupati da riversare l'insieme delle proprie paure più ataviche, più alte, idealizzate nei bambini. Questo ovviamente è un comportamento eccessivo che inibisce.” Quando si sviluppa questa tipologia di sindrome? “La sindrome si sviluppa nel momento in cui i genitori hanno già un grosso debito rispetto alle proprie paure ed ansie come singoli individui, quindi la famiglia d'origine e i nonni, sono già la premessa. Questo in terapia familiare si chiama il paziente designato, si creeranno dei costrutti di dipendenza a scavalco, quindi trans-generazionale.” A quale età inizia a svilupparsi? “Si sviluppa potenzialmente già dai primi mesi di vita e quindi è un po' per procura che i genitori inseriscono dei timori eccessivi nei bambini, perché in fondo sono i loro.-taglio2- Se analizziamo in un'ottica psicanalitica questi adulti stanno legando quel bambino a se stessi senza volerlo, paradossalmente non rendendosi conto delle conseguenze importanti.” Vi sono dei tratti caratteriali comuni che possono influenzare maggiormente la comparsa di questa sindrome? “Sono i tratti caratteriali dei genitori, cioè laddove ci siano eccessivi comportamenti di paura, dipendenza o ansia, questi evidentemente saranno trasmessi al piccolo poiché sono parte del bagaglio culturale ma anche degli occhi con cui i genitori vedono il mondo. Per evitare tutto questo bisogna anzitutto ascoltare i consigli dei pediatri o di chi sta seguendo la situazione da vicino (maestre d'asilo o qualche specialista che metta in luce l'eccessiva apprensione), ma soprattutto è prioritario per il genitore prendere coscienza di quella che è una necessità di risolvere i propri nodi personali perché inevitabilmente questi, se non risolti, si riverseranno sul bambino.” Esistono degli accorgimenti che una madre può intraprendere per evitarne la comparsa nel proprio bambino? “Una madre può assolutamente appoggiarsi al papà, al compagno, alle figure che in qualche modo gli stanno suggerendo che qualcosa va cambiato perché l'occhio esterno più facilmente nota ciò che è necessario per sostituire il proprio comportamento con qualcosa di più idoneo.” In quali casi può essere utile un percorso psicologico? “Un percorso psicologico è utile soprattutto per andare approfondire eventuali traumi, piuttosto che gli stili della generazione precedente o esperienze di vita che a volte vanno ad influenzare fortemente il nostro essere genitori.” È una terapia congiunta madre/figlio? “La terapia congiunta madre-figlio può essere necessaria ma in rari casi secondo le esperienze cliniche, quindi sostanzialmente dividere i percorsi lavorando sulla genitorialità; spesso non è nemmeno necessario mettere i figli in un percorso psicologico perché se il tutto viene fatto in tempo e vi sono le giuste premesse, non sarà richiesto alcun tipo di percorso terapeutico.”





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