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La scrittura per Sant’Agostino

di alfredo salucci

Numero 212 - Luglio-agosto 2020

I Dialoghi, i primi scritti di un sant’Agostino ancora giovane e dedito soprattutto alla speculazione filosofica


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I Dialoghi o Dialoghi filosofici dal punto di vista letterario sono distinti in due gruppi: scenici o narrativi e non scenici o drammatici. I Dialoghi scenici, detti anche di Cassiciaco, -taglio-sono ambientati nello spazio e nel tempo. Il luogo è la villa del grammatico Verecondo sita in Cassiciaco, paese poco distante da Milano, e si svolgono nel mese di novembre dell’anno 386. Questi Dialoghi sono preceduti da una dedica che Agostino rivolge generalmente a un amico, personaggio importante dell’epoca e di elevata cultura. I Dialoghi non scenici, invece, sono privi di ambientazione spazio temporale e non sono preceduti da una dedica. La scelta di fare filosofia attraverso il dialogo non è casuale. In questo caso Agostino si rifà a un modello ben sperimentato, quello platonico, in cui il modo di fare filosofia discutendo intorno a un argomento per tentare di trovare una definizione conclusiva era molto stimolante per i partecipanti e aveva una valenza decisamente didattica. Oltre a questo modello tenuto presente, va considerato anche il fatto che Agostino durante il suo cammino verso la conversione era solito intrattenersi a discutere i temi più vari con gli amici. Quindi il dialogo era un modo ampiamente sperimentato e ritenuto utile per affrontare e trattare argomenti da una parte, dall’altra invece di avere la possibilità di docere e di discere (insegnare e imparare) due termini cari ad Agostino che si trovano spesso nella sua teoria del linguaggio. Infatti, in Agostino c’era la propensione al dialogo con i suoi discepoli come mezzo di studio e di apprendimento, su questioni poste dallo stesso Agostino o da altri partecipanti alla discussione. È quanto avviene nei Dialoghi di Cassiciaco.
Per quanto riguarda gli altri Dialoghi, nei Soliloquia è trattata la teoria della presenza della verità interiore, per cui le nozioni delle arti liberali e della stessa filosofia sono necessarie per questa ricerca della verità che va operata non al di fuori di noi,-taglio2- ma in noi stessi; luogo dove possiamo trovare la verità. E qui possiamo notare ancora una volta la vicinanza di Agostino alla teoria platonica della reminiscenza, come momento di ricordo di quanto visto nel mondo delle idee, e della maieutica, ossia la tecnica messa in atto dal maestro per risvegliare e riportare alla luce questi ricordi assopiti. Come accennato in precedenza, per Agostino l’immortalità dell’anima è chiaramente diversa da come creduto da Platone. Platone è noto che non amava la scrittura in quanto la considerava copia di una copia, e aveva scelto il dialogo come mezzo per filosofare e lasciare ai posteri le sue teorie. In ogni caso, il dialogo pur se restava uno scritto si prestava meglio all’analisi e allo svolgimento di un tema. I dialoganti avevano la possibilità di confrontarsi in modo dialettico e sostenere le proprie tesi. In questo modo, al lettore si proponeva uno scritto dinamico che si evolveva nel mentre i dialoganti esponevano le loro tesi, piuttosto che uno scritto freddo e distaccato in cui l’autore narrava in modo diretto e senza contraddittorio le proprie argomentazioni. Agostino, maestro di retorica, era convito di queste teorie. Il discepolo non va riempito di nozioni ma aiutato a cercarle dentro di sé. Nei suoi dialoghi Agostino fa proprio questo: invita i dialoganti ad esporre il loro pensiero secondo un preciso criterio logico. Ognuno deve sostenere e difendere la propria tesi che nel corso del dialogo sarà messa alla prova dagli altri dialoganti per accertarne la validità. Con questa tecnica Agostino consente ai discepoli di cimentarsi su temi di estrema importanza e anche molto complessi, pronto ad intervenire quando la discussione si scosta eccessivamente dal tema.





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