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La scommessa vincente

di Pasquale Matrone

Numero 261 - Giugno - 2025

Dal Rinascimento in poi, l’uomo si è sempre di più illuso di essere il centro dell’universo, timoniere abile a navigare con la sua esile barca, anche nel mare più tempestoso, senza fare naufragio


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Incalzato da un presente, sempre più frenetico, l’uomo finisce col restarvi ingabbiato, dimenticando la propria congenita attitudine a tendere verso l’oltre, e al sogno di avvicinarsi, sia pur solo di poco, -taglio- a ciò che gli si prospetta inconoscibile. Il presente, invece, va osservato e capito con mente attenta a evitare le imposture di una comunicazione spesso disturbata da interferenze fuorvianti; e va sempre posto in relazione col passato, di cui è figlio, e con la meta verso la quale ha scelto d’incamminarsi. Il viaggio nell’esistenza è duro e difficile, per tutti. Una visione edulcorata della condizione umana risulterebbe falsa e dannosa. Sin dall’inizio, perciò, occorre, prima con l’aiuto di altri, e poi, gradualmente da soli e con fatica, prepararsi, dotarsi delle risorse necessarie a intuire la direzione da prendere e a non perdersi d’animo davanti a ostacoli imprevisti o, addirittura, imprevedibili. Prepararsi significa interrogarsi sul perché del proprio essere nel mondo, sul senso dell’esistenza, sul dolore, la malattia, la solitudine, la morte; capire che non esistono risposte a domande che ciascuno potrà e dovrà rivolgere solo a sé stesso; accettare la propria condizione; essere pronti a trasformare ogni ostacolo in una risorsa; allenarsi a procedere, nonostante tutto… Presto, però, si finisce col restare sospesi tra due abissi, desiderio di vivere e certezza di dover morire, di sparire senza lasciare traccia; o di rimanere soffocati dall’angoscia. Dal Rinascimento in poi, -taglio2- l’uomo si è sempre di più illuso di essere il centro dell’universo, timoniere abile a navigare con la sua esile barca, anche nel mare più tempestoso, senza fare naufragio. Nel momento in cui finalmente prenderà atto della propria fragilità, comprenderà che la sola possibilità di sfuggire alla disperazione, assai più dura della morte, è ancorarsi a un sostegno situato sopra e fuori di lui, lontano dalla sua precarietà, l’Ente dichiarato inconoscibile dalla ragione le cui tracce riuscirà a trovare non guardando in alto, ma solo scandagliando con umiltà e coraggio il fondo della propria coscienza. Proprio lì scoprirà di essere lui stesso frammento imprescindibile dell’energia che anima l’universo, quella in cui il singolo e Dio si ritrovano, si riconoscono e si fondono. Blaise Pascal sostiene che bisogna affidarsi al cuore e scommettere sull’esistenza di Dio, dal momento che la ragione è incapace di darne prova con i mezzi di cui dispone. La scommessa risulterà, comunque, vincente. Se Dio c’è, si vince. E se mai Dio non dovesse trovarsi dove lo si è immaginato, il premio consisterà nell’aver vissuto una vita buona e bella. Di averlo trovato già sulla terra, il paradiso.





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