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Kristen Stewart

di Tommaso Martinelli

Numero 225 - Novembre 2021

L’attrice hollywoodiana all’ultimo Festival di Venezia ha dato ancora una volta prova delle sue grandi doti attoriale entrando nei controversi abiti di Lady D. Guardando al suo mondo e soprattutto a chi non aveva intorno…


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Dopo aver raggiunto la fama internazionale grazie al ruolo di Bella Swan nella saga di “Twilight”, adattamento cinematografico dell'omonima serie di romanzi della scrittrice statunitense Stephenie Meyer, Kristen Stewart si è imposta all’attenzione di Hollywood (e non solo) alternando con versatilità ruoli leggeri e più impegnati in film di successo come “Biancaneve e il Cacciatore”, “Still Alice” e, più recentemente, “Seberg - Nel mirino”, “Charlie’s Angels” e “Underwater”. Una lunga gavetta che ha portato la Stewart a vestire i panni di Lady Diana - ruolo tanto complesso quanto importante da interpretare - in “Spencer”, film in concorso all’ultima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia che si concentra su un periodo particolare della principessa inglese: le vacanze di Natale del 1991 con la famiglia reale a Sandringham House, quando Lady D. decise di lasciare il marito Carlo. Lontanissimi i tempi in cui era considerata semplicemente un idolo teen, Kristen oggi è un’attrice con un solido futuro davanti a sé, oltre che un simbolo dei diritti Lgbt, dopo che in un'intervista con The Guardian ha chiarito di essere bisessuale, affermando: "Non sei confuso se sei bisessuale. Non è affatto confuso. Per me, è esattamente il contrario." Kristen, com’è stato interpretare il ruolo di Diana Spencer? “Nel film raccontiamo tre suoi giorni di disperazione durante il Natale del 1991 in cui Diana, sofferente e fragile, decide di riprendersi la sua vita cercando di smarcarsi da una famiglia che non sopportava più. Ho provato molto piacere a giocare con la mia fisicità nella realizzazione di questo film di quanto non ne abbia avuto in qualsiasi altro progetto io abbia lavorato: una sensazione strana da raccontare. Credo di essere stata empatica con lei. Mi sentivo più libera e viva e in grado di muovermi… e anche più alta (ride, ndr).” Come ti sei preparata? “L’ho studiata guardando tanti video. Poi sul set avevo a disposizione degli istruttori che mi hanno insegnato l’etichetta: tante cose che lei, come membro della Royal Family, non poteva fare: per esempio andare in cucina da sola per prendere del cibo in dispensa. Molti dettagli non li ricordo neanche, tranne l’inchino (ride, ndr)” Che clima si respirava sul set? “Il compito ogni giorno era di scegliere con il regista la stanza del palazzo da cui cominciare e, contestualmente, la canzone che mi avrebbe dato l’energia giusta per la scena: da Miles Davis ai Talking Heads passando per Lou Reed. Il mio unico compito era quello di trasmettere la vitalità di una donna prigioniera.” Pensi che le persone abbiano conosciuto davvero la vera Diana? “Tutti abbiamo l’impressione di conoscere bene Diana perché quello che la distingueva era il fatto di essere un personaggio accessibile. Era percepita come una persona molto vicina: una sorella, un’amica o una madre. Ma, alla fine dei conti, nessuno la conosceva veramente e forse era quello che voleva. Nonostante cercasse un contatto con le altre persone, era l’essere umano più isolato al mondo, soprattutto nei tre giorni raccontati nel film.” Come lei, anche la tua vita è stata parecchio sotto i riflettori… “Ho vissuto per qualche momento un alto livello di attenzione dei media ma niente di paragonabile a quello che ha vissuto Diana. Inoltre, al contrario di lei, non sono mai stata rappresentativa o simbolica di un intero paese.” In cosa ti sei sentita vicino a lei? “Forse la sensazione di non poter controllare le impressioni che le persone hanno di te. Diana si è ribellata, perché a un certo punto è necessario mostrare i denti e salvarsi.” Cosa rendeva speciale Diana? “Credo che sia una dote con cui è nata. Alcune persone vengono al mondo con un’energia penetrante e Diana era una di queste. Riusciva a sostenere gli altri con quella luce bellissima che aveva dentro di sé e l’unica cosa che desiderava era riaverla indietro. D’altronde siamo tutti lo specchio di chi abbiamo davanti, otteniamo quello che diamo e lei era disperata in questo senso: voleva vedere restituita la sua energia. È brutto generalizzare ma i britannici sono abbastanza rigidi: ho studiato bene Diana andando a riguardare vecchi filmati e lei mi è sembrata molto diversa. Ci si poteva aspettare di tutto da lei.” Secondo te perché era così amata? “C’era un tocco di normalità in Diana che la rendeva quasi raggiungibile: anche quando era vestita con un bellissimo abito da sera era capace di togliersi le scarpe e avvicinarsi per accertarsi che stessi bene. Non penso fosse facile per lei soprattutto perché era obbligata a seguire dei protocolli rigidissimi. Lei era in grado di essere presente in qualsiasi posto stesse. Era una persona molto onesta e presente: questa sua umanità è la cosa che ho amato di più.” Era indiscutibilmente anche un’icona di stile… “Aveva uno stile incredibile, indipendentemente da cosa indossasse. Aveva la capacità di saper usare gli abiti come un’armatura ma al contempo era capace di essere invisibile.”





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