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Jazz Habanero

di Antonino Ianniello

Numero 230 - Maggio 2022

La batteria di Horacio “El Negro” Hernandez, grande musicista internazionale “made in Cuba” del panorama jazz e latin jazz


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Cosa dire di “El Negro”, al secolo Horacio Hernandez? Semplice: dà alla sua batteria, quel suono riconoscibilissimo ed un groove eccezionale … chi non lo conoscesse (la vedo difficile) può andare, per rendersi conto di chi parliamo, a consultare Youtube … in maniera tale da capire. Hernandez ha, poi,-taglio- una concentrazione sullo strumento che è da pochissimi; estroso, poliedrico e sempre alla ricerca di nuovi suoni. Infine il cubano ha anche un carattere bellissimo e solare. Sempre positivo ed amante della vita di musicista. Un batterista, in sintesi, completo e che è certamente tra i più importanti al mondo. ‘El Negro’, ha avuto diverse esperienze in Italia. Tra queste anche con il bassista partenopeo Pippo Matino. È proprio il virtuoso bassista napoletano, tra l’altro già ospite di Albatros, a parlarci del batterista cubano: «El Negro … Come non ricordare gli aneddoti ed i lavori fatti insieme? Potremmo riempire pagine! Per quello che mi riguarda, Horacio è un caro e vecchio amico. Ricordo che negli anni a cavallo tra gli ottanta e novanta … abbiamo vissuto insieme a Roma. Avevamo uno spettacolare Trio … ‘The Teen Town Trio’, insieme al grande chitarrista Rocco Zifarelli. Insieme abbiamo tenuto tantissimi concerti ed innumerevoli sessioni di prove. Diciamo che erano i tempi d’oro della nostra gioventù … poi non dimentichiamo che ha suonato nel mio primo disco ‘Bassa Tensione’ ed ha, poi, collaborato nel mio ultimo mio disco che è in dirittura d’arrivo. Ora, a parte tutti questi ricordi, anche goliardici, e di notti passate in bianco, devo dire che tra noi vi è senza dubbio un rapporto speciale ed anche se non ci vediamo tanto … Abbiamo un grande ‘feeling’ che ci lega. Sicuramente faremo tante altre cose insieme ed è comunque inutile dire che siamo dinanzi ad un batterista fenomenale, che ti mette i brividi addosso. Secondo il mio modo di vedere, ‘El Negro’ fa parte, a pieno titolo, dell’olimpo internazionale dei drummer. Il cubano, quando è qui in Italia o quando ci sentiamo al telefono ama chiamarmi ‘Pipo’ e non Pippo. Come persona devo dire che siamo dinanzi ad un uomo estremamente gioviale, sorridente e che ti spinge, nel contempo, a dare di più nella musica … dare di più sul palco. Una cosa molto importante questa. Quando siamo insieme ha, come intercalare, ‘Seguro Pipo!’ ‘El Negro’ resta un mio punto di riferimento anche nella vita. Gli voglio molto bene.» Ma chi è Horacio ‘El Negro’ Hernandez? L’artista habanero (così si chiamano gli abitanti de l’Havana) nasce nel 1963 e viene da una famiglia profondamente radicata nella tradizione della musica cubana e attenta alle influenze del jazz americano. La sua bravura vien fuori sin dalla giovane età. Entra subito, a dodici anni, nella prestigiosa ‘Escuela Nacional de Arte’ dove studia con i migliori insegnanti: Fausto Garcia Rivera, Enrique Pla e Santiago Rieter. Horacio qui ci descrive come ha cominciato ad avvicinarsi alla batteria: «Sin da piccolo mi sono avvicinato alla batteria e non è un segreto che Cuba è un Paese dove l’arte delle percussioni la fa da padrona, i miei giocattoli da bambino sono stati strumenti di percussioni che mi venivano regalati soprattutto da mio nonno. A sette anni mi innamorai della batteria ed è da allora che è iniziò la mia corsa dietro questo meraviglioso strumento … che ancora oggi, dopo cinquant’anni, mi accompagna ovunque.» L’attività di professionista, per l’habanero, ha inizio velocemente e lavorando con i più grandi interpreti della scena musicale cubana degli anni ottanta: Nicolas Reynoso, Paquito D’Rivera, Lucia Hurgo, Arturo Sandoval e German Velazco. Che cosa è per te il jazz o il latin jazz? «Il jazz per me è come un qualcosa di collettivo e lo immagino come una specie di ‘porta dell’immaginazione musicale’. Devo dire che il jazz non può appartenere ad uno stile di musica… esso è un qualcosa che vive in tutti i tipi di musica ed in tutti i musicisti. È necessario capire quanta possa essere la creatività, la fantasia … Per me il concetto è questo: il jazz inteso come porta aperta alla genialità. Genialità che deve essere innanzitutto individuale e poi dell’insieme.» Cosa raccomanderesti ai giovani che si avvicinano al tuo strumento? «Io direi che lo stesso discorso possa valere per tutti gli strumenti. Ai giovani che si avvicinano agli strumenti musicali e quindi alla musica consiglio di adottare un metodo: avere un rapporto di sincerità alla batteria … come pure agli altri strumenti. Poi ritengo che il futuro batterista, se vuol diventare tale, deve avere un rapporto personale e di verità. Occorre, poi, che il giovane sappia cosa vuole dalla vita: divertirsi o diventare professionista.-taglio2- Per la seconda strada, -taglio-se vogliamo fare carriera … allora sarà necessario dedicare allo strumento tutto il tempo possibile. Più si studia e più entreremo nello strumento ed in più avremo modo, poi, di divertirci con lo strumento. In una prossima vita vorrei essere ancora un drummer. Io son voluto diventare batterista ad ogni costo per due ragioni: innanzitutto perché il mio strumento ha una ragione preziosa come lo sono i bambini ed allora per essere batterista occorre coltivare il bambino che vive in noi e che vuole giocare e divertirsi. Il secondo motivo è perché volevo essere il conduttore dell’autobus che porta la gente verso la felicità, verso il mare. Pertanto, anche se rinasco, vorrei essere quell’autista dell’autobus, conducendo tutti i miei amici sulla spiaggia della gioia … Seguro vorrei essere il batterista!» Nel 1980 Horacio Hernandez incontra il pianista e compositore cubano Gonzalo Rubalcaba diventando membro stabile nonostante continui le collaborazioni con i numerosi artisti cubani ed internazionali … del calibro di Dizzy Gillespie, è con Rubalcaba il quale sviluppa la sua particolare tecnica percussiva miscelando elementi afro-cubani con il jazz. Arrivato a Roma, diventa punto di riferimento della scena latin jazz della capitale. Lavora con Pino Daniele, Steve Turre, Gary Barts, Gary Smulyan e Mike Stern ad infine fonda il gruppo ‘Tercer Mundo’. Hernandez vola a New York nel ’93 … lì viene accolto da subito nei circoli del jazz d’oltre oceano. Lavora con Paquito D’Rivera, Dave Valentin, Jerry Gonzalez & ‘The Fort Apache Band’, the Ed Simon Trio, Anthony Jackson, Kip Hanrahan, David Sanchez, Papo Vasquez, Steve Turre and ‘The Sanctified Shells’, ‘The Cepada Family’s Afro-Rican Jazz’, Giovanni Hidalgo, Arturo Sandoval, Regina Carter e Chico O’Farrill. Compare tra i protagonisti del memorabile concerto del pianista connazionale Chucho Valdes, intitolato ‘Irakere West a San Francisco’ … ospite il grandioso Carlos Santana. Fa parte, in seguito, dei ‘Tropi-Jazz All Stars’ quale membro più giovane della band diretta da Tito Puente. Partecipa ad Orvieto, nel ’97, ad ‘Umbria Jazz Winter Festival’ è si esibisce con il gruppo ‘Crisol’ di Roy Hargrove assieme a David Sanchez, Frank Lacy, Gary Bartz, Changuito, Jon Benitez, Anga Diaz, Russel Malone e Chucho Valdes. Il loro primo album, intitolato ‘Habana’, vince un Grammy Award venendo premiato come miglior disco della latin jazz. Nello stesso periodo appare con McCoy Tyner a San Francisco e partecipa al tour mondiale di Carlos Santana. I lettori dell’autorevole rivista ‘Modern Drum’ lo eleggono come ‘Drummer of the Year’ 1997. Nello stesso anno è in tournée con il ‘John Patitucci Quartet’. Colleziona collaborazioni di altissimo livello: Jack Bruce, Alejandro Sanz, Joachim Kuhn, Los Hombres Calientes, Los Cubanos Postizos di Marc Ribot, Ramon Valle, Zap Mama, Tokyo Zawinul Back, Bill Frisell, Chie Ayado, Kazumi Watanabe, Chick Corea, Poncho Sanchez e Gary Burton.





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