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Il tempo perfetto

di Francesca Esposito

Numero 192 - Ottobre 2018

Quante volte ci ritroviamo a dire “Non ho tempo” a un amico, a un fratello o a un genitore.


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Quante volte ci ritroviamo a dire “Non ho tempo” a un amico, a un fratello o a un genitore. Quante altre ci programmiamo intere settimane con gli impegni più svariati e perfettamente incastrati, tali da farci illusoriamente provare un senso di soddisfazione. Siamo nell’epoca della velocità, dove la produttività e l’efficienza sono direttamente proporzionali al tempo dedicato al “fare”. Chi si concede dei momenti per oziare è condannato a restare indietro, criticato perché non impiega costruttivamente ogni singolo istante della sua vita. Ma siete proprio sicuri che per essere felici sia utile scandire le proprie giornate con innumerevoli attività, senza concedersi delle piccole pause? Prima di rispondere vorrei entrare nella vita di quei genitori che, grazie o per colpa della tecnologia, rientrano a casa con altro lavoro da sbrigare e che così facendo si perdono il piacere di giocare con i propri figli. -taglio- Non è diverso il caso di quei giovani-adulti alla continua ricerca di una collocazione professionale, che rischiano di non avere il “tempo” per condividere i propri successi, perché soli. Così facendo il lavoro da importante diventa l’unico ambito intorno al quale gira la vita delle persone. Certo c’è anche chi si concede quell’ora di palestra, inserita, come un pezzo di un puzzle tra la fine della giornata lavorativa e la cena da preparare. Tuttavia sono numerosi coloro che sgranocchiano salatini di fronte a un pc, o che mangiano panini al volo seduti alla scrivania, alterando, per di più, la loro relazione con il cibo; sono altrettanto frequenti i giovani o meno giovani che annegano nell’oceano attraente ed insidioso dei social, con gli occhi puntati su uno schermo, ormai così tristemente disabituati al contatto visivo reale. Tirando le somme, sembra chiaro che, negli ultimi decenni, il tempo dedicato al riposo sia stato demonizzato; così abituati ad accelerare ci siamo dimenticati, che come quando si è in auto, occorre premere il pedale del freno per evitare sinistri. Intendo dire che una vita senza piccoli momenti di pausa incide sui livelli di stress e implementa l’insorgere di -taglio2- disturbi d’ansia e dell’umore. Acclarati studi confermano che il riposo faccia bene. Quindi seppur sembra paradossale bisogna allenarsi al riposo, ritagliarsi uno spazio dedicato al “non fare”, in cui ci limitiamo semplicemente a “stare”: con noi stessi, con le nostre emozioni, con i nostri bisogni di intimità. Sembra dura, eppure bastano piccoli passi per non ritrovarsi sommersi dal carico degli impegni quotidiani. Citando una canzone di Cremonini, un passo è smettere di voler essere Batman e vestire i panni di Robin, consapevoli di non avere il dono dell’onnipotenza e chiedendo aiuto quando si è in difficoltà. Senza ricorrere a metodi complessi è utile concedersi delle piccole pause nelle ore lavorative, spegnere lo smartphone per un certo periodo di tempo stabilito, lasciare, quotidianamente, in agenda uno spazio bianco tra un appuntamento e l’altro, da dedicare a se stessi. Ci saranno molti altri metodi che il lettore riconoscerà come maggiormente affini a sé, tuttavia l’obiettivo è unico: ricaricarsi per avere più energie ed esprimere al meglio le proprie risorse.





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