Il principio di questa via è che l’essere è e non può non essere; e l’essere è l’unica realtà
Parmenide nacque a Elea il 540 a.C., o intorno al 510 a.C., da famiglia benestante. Diede ottime leggi alla sua città e fu onorato dai suoi concittadini. Fondò “La Scuola Eleatica” di cui Zenone e Melisso furono allievi. Entrò in contatto con la scuola pitagorica tramite Aminia, uno dei suoi maestri insieme a Senofane. All’età di 65 anni, con Zenone, si recò ad Atene dove incontrò Socrate.-taglio- La sua fama è legata alla teoria dell’essere. Con Parmenide, infatti, inizia l’ontologia, la scienza dell’essere, essendo stato il primo filosofo a porre l’accento su ciò che esiste. Questa dottrina è esposta nella sua opera in esametri Sulla natura, di cui ci sono pervenuti 158 versi. Il poema è diviso in due parti: la Via della Verità (Alétheia) e la Via dell’Opinione (Doxa). In questo libro Parmenide racconta il suo viaggio iniziatico. Immagina di stare su un carro trainato da due cavalle e guidato dalle figlie del sole che viaggia dalla notte al giorno, dall’oscurità alla luce, fino alle porte della sede della dea Dike, la giustizia. La dea gli comunica che due sono le vie per giungere alla conoscenza, ma solo una è veritiera e la raccomanda vivamente: è la via del logos, della ragione. Il principio di questa via è che l’essere è e non può non essere; e l’essere è l’unica realtà. La seconda via è quella dell’opinione, doxa, la via del fenomeno, di ciò che appare, e fa riferimento alle sensazioni, a un mondo mutevole: questa è la via del divenire, dell’esperienza ingannevole. È ammessa una terza via, quella dell’opinione plausibile, che tenta di spiegare i fenomeni, purché non si mettano insieme essere e non essere, inconciliabili per il principio di non contraddizione. Questo viaggio simboleggia il passaggio dall’opinione, la notte, alla verità, il giorno. “L’essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere”. Con questa tassativa affermazione pronunciata da Dike, e con l’essere concepito unico, ingenerato, eterno, necessario, immobile, limitato, pensabile e dicibile, simile a una sfera, Parmenide nega la molteplicità: tutto ciò che esiste, ossia tutti gli oggetti che vediamo intorno a noi, detti enti, sono illusori. Nega il divenire, confuta quindi il valore dell’esperienza come possibilità di conoscenza. Solo un unico essere esiste. Parmenide eliminando molteplicità e divenire, annullando la conoscenza derivante dall’esperienza, eliminando nascita, crescita e morte che richiederebbero il passaggio dall’essere al non essere e viceversa, immobilizza tutto.-taglio2- Ma divenire e molteplicità sono evidenti. Se vedo e tocco un oggetto, ossia un ente, non sto toccando niente, ma ho tra le mani qualcosa che esiste, che è. È evidente che non è una mera illusione. E come posso sostenere che nascita, crescita e corruzione sono solo apparenze, se le osservo quotidianamente? Questa teoria impegnerà tutti i filosofi successivi a partire da Empedocle, che cercheranno di porre rimedio a una dottrina che annulla completamente una evidente molteplicità e un visibile divenire. Platone aveva definito Parmenide venerando e terribile, venerando per aver dato inizio all’ontologia, terribile giacché la sua teoria, basata sulla sola ragione, eliminava la conoscenza derivante dall’esperienza, e con essa il divenire. Inoltre il suo essere concepito unico, non ammetteva la molteplicità. La teoria dell’essere di Parmenide, così elaborata, metteva in discussione la dottrina platonica delle idee che includeva il molteplice. Platone per salvare la sua teoria doveva uccidere filosoficamente il pensiero dell’eleate: era necessario commettere il parricidio di Parmenide. È quello che fece. Platone riesce a superare la negazione parmenidea del non essere assoluto, inserendo un non essere relativo, che non avrà più il significato di non essere, di niente, ma sarà inteso come diverso ed esistente. Tutto ciò che si corrompe non finisce nel non essere, ma diventa diverso, si trasforma in altro. In questo modo Platone recupera il divenire e la molteplicità salvando così la sua teoria delle idee e la stessa filosofia rendendola compatibile con il molteplice e il divenire senza negare la verità.