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Il gusto del ricordo

di Teresa Pugliese

Numero 223 - Settembre 2021

Michelangelo Mammoliti a la Madernassa e la sua rivoluzione Green nel nome del passato


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Non sono le stelle a rendere uno chef unico nel suo genere e questo Michelangelo Mammoliti lo sa. E l’hanno capito bene anche alla Madernassa quando hanno deciso di scommettere su di lui. Questo ristorante & resort 2 stelle michelin è immerso nel cuore verde delle Langhe e del Roero, -taglio-negli ultimi anni sta compiendo una rivoluzione green incentrata non solo sulla sua attività ristorativa ma che si estende in tutto il resort, che è diventato ad oggi ecosostenibile. Ed anche Michelangelo ha abbracciato questa nobile filosofia. Nei suoi piatti infatti è fondamentale l'attenzione alla ricerca sul vegetale, che ha permesso al ristorante di essere riconosciuto dalla We’re Smart Green Guide, la guida internazionale che premia i migliori ristoranti di tutto il mondo per l’uso creativo degli ingredienti di stagione e per la quantità di piatti a base frutta e verdura. Noi di Albatros Magazine lo abbiamo incontrato nel suo mondo, la sua splendida cucina. “Neurogastronomia: una novità nel tuo settore di cosa si tratta?” Quando sono arrivato alla Madernassa mi sono reso conto che cucinavo dei piatti che sì, potevano essere buoni ma non erano dei piatti che mi appartenevano, con un certo tipo di filosofia. Un giorno entrando in cucina ho deciso di togliere tutti i piatti che avevamo dalla carta del menù e di cucinare dei cibi che facevano parte della tradizione della mia famiglia, che appartenessero alla mia storia. Ho riproposto allora le acciughe al verde che faceva mia nonna e la braciola di maiale che preparava mio padre. Ho incominciato a fare diverse prove fin quando ho trovato il sapore che effettivamente ricordava il mio passato. È stata una mia amica a suggerirmi di approfondire questo concetto della neurogastronomia e del ricordo del sapore. Mi ha anche suggerito dei libri da leggere in merito, ad esempio Neurogastronomy di Gordon Shepherd. Sostanzialmente cerco di ricreare quello che ho nella mia memoria gustativa attraverso delle tecniche che ho imparato nel mio percorso professionale. Così, ad esempio, è nata la bresaola vegetale che in realtà è della barbabietola, il raviolo che sa di lasagna al forno, ce ne sono tantissimi di piatti, ma tutti raccontano la mia vita e la mia storia fatta anche dei miei viaggi. “La cucina è inevitabilmente ricordo. Qual è il piatto della tua memoria?” Sicuramente la pasta alla parmigiana che fa mia mamma, -taglio2-oppure una trippa di baccalà cotta in succo di peperoni tostati come me la faceva mio papà, tipico piatto dai sapori calabresi, perché le mie origini paterne sono di Polistena in provincia di Reggio Calabria anche se sono nato in Piemonte. “Ritorno al passato significa anche una scelta sostenibile che tu effettivamente hai fatto vero?” Mio nonno mi diceva sempre: vedrai che arriveremo al punto che la soluzione sarà arrivare indietro. E forse è davvero così sia nel sapore e sia nella sostenibilità. Siamo andati troppo avanti. I piatti sono troppo belli ma non buoni. La cucina ormai è così tecnica che si perde tutta quella parte emotiva che c’è nel piatto che è data dall’imperfezione dell’uomo. Un piatto può essere perfetto ma imperfetto. C’è bisogno del sentimento anche quando si lavora.
“Stelle Michelin, riconoscimenti vari, e tanti altri premi, ma qual è la tua vera soddisfazione?” Quello di aver cucinato un bel piatto e di aver accontentato davvero i clienti. E quello rimarrà. Le stelle sono dei riconoscimenti straordinari, però oggi le hai ma domani te le possono togliere, sei sempre sotto giudizio. È una cosa che motiva a far meglio, a mantenere il ritmo, perché un ristorante è una variabile costante da tenere sempre a bada, c’è un grande lavoro di equilibrio. Ma la soddisfazione di vedere un cliente soddisfatto, quello è davvero appagante. “Può esistere una cucina veramente inclusiva, nel vero senso del termine?” Certo che può esistere. Io stesso cucio dei menù sartoriali, fatti apposta su misura del cliente, se si è celiaci, o vegani o vegetariani. Bisogna essere elastici, è un bel gioco mentale, devi essere preparato, oggi nel mio ristorante posso dire di poter servire qualsiasi dolce a qualsiasi persona con qualsiasi esigenza e questo è un bel traguardo per me.





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