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Il fascino dei classici

di Maresa Galli

Numero 200 - Giugno 2019

Die Walkure, il capolavoro di Wagner ritorna al Teatro San Carlo di Napoli


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Atteso ritorno di “Die Walküre” di Richard Wagner al Teatro di San Carlo. Dopo quattordici anni il Lirico ha riportato in scena il capolavoro wagneriano che nel 2005 vinse due premi Franco Abbiati della Critica Musicale Italiana, per le scenografie firmate da Giulio Paolini e i costumi di Giovanna Buzzi. Sul podio dell’Orchestra del San Carlo Juraj Valčuha; regia di Federico Tiezzi. Nel doppio cast specialisti wagneriani: Robert Dean Smith e Magnus Vigilius nei panni di Siegmund, Liang Li e Runi Brattaberg in quelli di Hunding, Egils Silins e Tomas Tomasson interpretano Wotan, Manuela Uhl e Barbara Haveman danno voce a Sieglinde; Irene Theorin e Lise Lindstrom interpretano Brünnhilde, Ekaterina Gubanova e Ursula Hesse von den Steinen nel ruolo di Fricka. Completano il cast Raffaela Lintl (Gerhild), Robyn Allegra Parton (Helmvige), Pia-Marie Nilsson (Ortlinde), Ursula Hesse von den Steinen (Waltraute), Alexandra Ionis (Rossweisse), Ivonne Fuchs (Seigrune), Niina Keitel (Grimgerde), Julia Gertseva (Schwertleite). “Die Walküre” è il secondo dei quattro drammi musicali (“L’oro del Reno”, “Sigfrido”, “Il crepuscolo degli Dei”), che formano la Tetralogia “Der Ring des Nibelungen” (“L’anello del Nibelungo”) di Richard Wagner. -taglio-Federico Tiezzi ne offre una lettura “mentale, come in uno spettacolo di prosa – spiega - ho scelto di rappresentare la storia della decadenza di una famiglia. Il riferimento porta inevitabilmente ai “Buddenbrook” di Thomas Mann, utilizzato come una lente attraverso la quale osservare la vicenda wagneriana. Ho pensato prima di tutto a Mann, ma potrei citare ancora Ibsen e Strindberg. È a loro che mi sono ispirato per rileggere questa Valchiria, sottraendola agli stereotipi del racconto mitologico. E per far ciò - spiega ancora il regista - mi sono servito di dettagli scenici e gestuali. Simbolico, ad esempio, è il ricorso a due tavoli, intorno ai quali si snodano il primo ed il secondo atto, veri e propri ritratti di famiglia in un interno, oltre, ovviamente, alla scelta di costumi, specie quelli femminili, che rimandano alla fine dell’Ottocento, al tempo di Freud”. Il regista interpreta l’opera wagneriana come un dramma borghese, nel quale palpitano le emozioni che agitano i protagonisti in tutta la loro umanità. Spiccano i tormenti familiari di contro le suggestive scene geometriche immaginate da Giulio Paolini. Al centro del palcoscenico è collocata una grande gabbia cubica legata alla pittura, bidimensionale, luogo dell’incontro dei due fratelli che non si riconosceranno. La seconda parte è, invece, tridimensionale, vicina all’arte scultorea, contenendo in sospensione dieci meteoriti, richiamo evidente alla rocca delle Valchirie e insieme al -taglio2-Walhalla. La terza parte è più architettonica, con le cornici dorate che sottolineano l’esplosione di una statua greca classica – l’eroe ridotto a frammenti e proiettato nel mondo reale; in basso, una sala di anatomia dove le Valchirie vivisezionano il cadavere su un tavolo da obitorio – una vivisezione al posto della famosa cavalcata, una simbologia altrettanto potente ed evocativa. “Come in quadro di Rembrandt, “Lezioni di anatomia” o come avviene ne “Le Baccanti” di Euripide”, afferma Tiezzi. Brunhilde, nel gran finale, è collocata su una piattaforma che sprigiona fiamme. Grande tensione psicoanalitica con l’emergere degli spettri di ibseniana memoria insieme all’uomo nuovo, libero per sempre dalla schiavitù alla deità. Juraj Valčuha, magnifico direttore sin dal Preludio d’apertura, offre una lettura raffinata e coltissima della ricca partitura, nel rigore dei tempi e nella pulizia degli attacchi, nelle accensioni liriche e drammatiche. Ottima prova dell’Orchestra del San Carlo e brillante il cast, a cominciare dal basso-baritono Egils Silins, eccellente, titanico Wotan; e grandi sono stati anche Robert Dean Smith (Siegmund), Manuela Uhl (Sieglinde), Iréne Theorin (Brunnhilde), Ekaterina Gubanova (Fricka), Liang Li (Hunding); brave anche le otto valchirie. Soprattutto applausi per Valčuha e la sua impeccabile direzione della monumentale partitura.


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