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“Ho messo la testa a posto!”

di Gennaro Santarpia

Numero 177 - Maggio 2017

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Il bello del tennis ha deciso di tagliare tutti i rami secchi del passato per ricominciare a vincere e scalare posizioni nella classifica dei tennisti più forti del mondo


Ha vinto quattro tornei ATP in singolare (tutti sulla terra rossa); con le vittorie nei tornei di Stoccarda e Amburgo nel 2013, è diventato il secondo italiano di sempre, dopo Adriano Panatta, ad aggiudicarsi due tornei consecutivamente. Nei tornei del Grande Slam vanta come miglior risultato i quarti di finale al Roland Garros 2011, salendo fino alla posizione numero 13 in classifica mondiale. Lui è Fabio Fognini. Il campione ligure debutta nel tennis professionistico nel 2002, ma solo due anni dopo vince i primi match da professionista, ottenendo il miglior risultato con la semifinale al Futures F1 di Montevideo. Nel 2005, dopo due vittorie e una finale nel circuito futures, Fognini si dedica esclusivamente ai challenger, dove arrivano le prime due vittorie: la prima ad Amersfoort dove sconfigge al primo turno l'argentino Juan Pablo Guzmán per poi perdere al secondo turno contro lo spagnolo Carlos Moyá, e la seconda al torneo di Palermo, dove batte il Costaricano Juan Antonio Marín e perde dall'ecuadoregno Nicolás Lapentti. Nel doppio, invece, Fabio Fognini ha vinto 3 tornei ATP in coppia con Simone Bolelli, tra cui anche il Grande Slam degli Australian Open 2015; sono così diventati la prima coppia italiana a vincere uno Slam nell'Era Open in campo maschile. Ora, Fognini non è più il ragazzino incontenibile di un tempo, il traguardo dei trent’anni è vicino – li compirà il 22 Maggio - e, dopo una stagione altalenante malgrado la vittoria a Umago e la finale di Mosca, segnata da un grave infortunio (lesione ai muscoli addominali) proprio quando aveva ritrovato una condizione tecnica eccellente, Fognini è pronto a stravolgere completamente il suo mondo. Infatti, ha cambiato gran parte del suo staff tecnico partendo dall’allenatore, si è sposato e sta per diventare papà. La sindrome di Peter Pan sembra ormai lontana, e Fabio Fognini è pronto a togliersi un bel po’ di sassolini dalla scarpa!

Fabio, dopo tanti anni con Perlas, hai cambiato allenatore. A cosa è dovuta questa scelta?

“Con José (il precedente coach, ndr) sono stati cinque anni intensi e fantastici, ho vinto i miei primi tornei, uno Slam in doppio, però negli ultimi tempi ci siamo adagiati e quando perdi gli stimoli è giusto cercarli altrove. Vado incontro a un cambio radicale di tutto lo staff, c’è bisogno di adrenalina ma soprattutto di freschezza mentale. Resettare senza dimenticare le lezioni positive del passato e guardare avanti con fiducia. È stato un grande allenatore, ma attualmente ho voglia di rimettermi in gioco per traguardi più alti. Ho ancora fame di tennis e soprattutto continuo ad amare il mio sport immensamente.” -taglio- Perlas, ha parlato molto bene della sua esperienza al tuo fianco, ma ha espresso un solo rammarico: quello di non aver consolidato nel tempo quel numero 13 al mondo conquistato nel 2014…

“Eh, immagino. Ha sicuramente ragione e come atleta devo ammettere di aver avuto paura in quel momento. Sono arrivato al numero 13, a soli 600 punti dal decimo, attorno a me ho cominciato a sentir parlare di top ten, addirittura di top five e improvvisamente mi sono ritrovato a gestire qualcosa di più grande di me. Compiere l’ultimo passo mi ha davvero spaventato. In ogni caso, in questo momento e da numero 49 del mondo, quel numero 13 mi sembra un traguardo lontanissimo, una montagna difficilissima da scalare. Perciò ora penso a fare un gradino per volta, l’obiettivo più immediato deve essere l’ingresso nei primi 30 e rimanerci con costanza.”

Franco Davin, il nuovo coach, argentino molto raziocinante, più cervello che muscoli, è stato in grado di riportare alla vittoria molti atleti. In che modo sta “riordinando” il tuo mondo?

“Franco ha capito da subito che come atleta mi affido molto all’intuizione, ma solo con quella è difficile vincere con continuità. Con lui ho capito che i miei risultati non devono più dipendere dalla giornata sì o dalla giornata no, mi sta aiutando a trovare una certa stabilità. Ci vuole tempo per cambiare, ma mi sento sulla buona strada. Inoltre, lui lavora con un matematico. Nei miei match ci sono momenti in cui perdo 8-10 punti di fila ed esco dalla partita. Per reagire devo sapere bene cosa fare, e questa è una cosa che si allena.”

Di italiani che giocano a tennis ce ne sono e nella top 100 mondiale ritroviamo Lorenzi, 35 anni, lei quasi 30 e Seppi quasi 33. Come mai ancora non c’è stato ancora nessun giovane a farsi notare? -taglio2- “Il mondo del tennis è davvero molto complicato e competitivo, un giorno sei su e l’altro magari hai perso posizioni e devi rifare tutto da capo. La situazione, però, credo dipenda anche dagli errori commessi in precedenza. Mi spiego meglio: in Italia ci sono pochi coach veramente preparati, quindi spesso ci sono ragazzi lasciati un po’ al caso. Bisogna incidere in profondità e devo dire che la scelta che sta facendo la federazione, quella di affiancare ai tecnici di più lunga esperienza giocatori che hanno appena smesso, va nella direzione giusta. Forse mixando l’esperienza di chi giocava a tennis 50 anni fa, con chi ha smesso recentemente permetterà ai giovani di diventare anche più forti di noi ‘meno giovani’ – ride.”

Sua moglie Flavia Pennetta ha attaccato la racchetta al chiodo, ha mai pensato di farsi allenare da lei?

“Direi che è meglio lasciare Flavia al ruolo di moglie e madre, in cui peraltro si trova benissimo. Ha dato tanto al mondo del tennis ed ora si è meritata questo riposo prolungato. Ovviamente Flavia mi supporta in ogni istante, è sempre al mio fianco in ogni decisione, lei mi tranquillizza, però averla come coach non è il caso. Sono un atleta complicato da gestire!”

In definitiva che sorprese ci riserverà il nuovo Fabio?

“Parto senza impormi obiettivi di classifica. So cosa valgo. Se faccio bene, mentalmente reggo, salgo e miglioro il mio best ranking. Per troppo tempo mi sono portato dietro una brutta parentesi della mia carriera agonistica, quella delle sfuriate. Ci ho messo un po’ a riconnettere e capire che così non si andava da nessuna parte. Il meglio si è iniziato ad intravedere e di questo ne sono molto felice. L’ho detto, sono un altro Fognini.”

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“Come atleta mi affido molto all’intuizione, ma solo con quella è difficile vincere con continuità”

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