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Funzionalità al servizio dell'estetica

di Tito Marianetti

Numero 192 - Ottobre 2018

L'intervento di rinosettoplastica permette di correggere le disfunzioni del naso, valorizzandone la naturale bellezza di ognuno di noi


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La settorinoplastica è considerata universalmente la regina della chirurgia plastica facciale. Questo sia per la difficoltà dell’intervento chirurgico sia per l’impatto che può avere sull’estetica del viso. L’intervento, infatti, consente di risolvere i problemi estetici e funzionali del naso, modificandone la forma e correggendo deviazioni del setto o ipertrofie dei turbinati; di contro, la rinoplastica è per definizione un intervento che mira a correggere la sola estetica del naso. Nella chirurgia nasale si tende spesso ad operare una netta distinzione tra l’estetica e la funzione, ma nella pratica clinica è spesso impossibile correggere l’una trascurando l’altra. Per esempio, un naso storto dipende spesso da un setto deviato e sarebbe impensabile correggere l’alterazione estetica senza effettuare una settoplastica funzionale. Viceversa, un naso dal dorso molto alto e stretto implica la presenza di una stenosi a livello della valvola nasale interna e non è possibile occuparsi della funzione senza alterare l’estetica. Gli approcci chirurgici utilizzati sono fondamentalmente di due tipi: aperto o chiuso. La rinoplastica chiusa si basa su incisioni effettuate a livello della mucosa interna del naso. In questo tipo di intervento il chirurgo “sente” con le sue mani le strutture osteocartilaginee del naso e le modifica. La rinoplastica aperta o “open” prevede invece una piccola incisione in corrispondenza della columella (unità anatomica che unisce il labbro superiore con la punta del naso). -taglio- Attraverso essa, vengono esposte le strutture osteocartilaginee del naso, che possono quindi essere modificate sotto visione diretta ed in assenza di distorsioni. Entrambi gli approcci sono validi e garantiscono ottimi risultati in mani esperte, ma è preferibile riservare l’approccio chiuso a casi molto semplici, in cui ci sia da lavorare poco sulla punta nasale, mentre è indicato l’approccio open in rinoplastiche più difficili, in situazioni in cui vi è maggior bisogno di precisione e in rinoplastiche di revisione. Gli svantaggi dell’approccio open sono la piccola cicatrice columellare (che di regola scompare entro i 6 mesi dall’intervento) ed un gonfiore post-operatorio della punta nasale maggiore rispetto all’approccio chiuso. I vantaggi invece sono la possibilità di definire le deformità anatomiche sotto diretta ispezione della impalcatura osteocartilaginea, di effettuare la loro correzione in assenza di distorsioni e le garanzie maggiori di risultato. Questi vantaggi spiegano il perché tale approccio sia ormai utilizzato dalla maggior parte dei chirurghi nasali Americani. Se è fatto ormai noto che l'operazione di rinoplastica comporti solo lievi fastidi post operatori (come un leggero mal di gola o un lievissimo mal di testa), la paura più grande rimane invece per i tamponi post-operatori che permettono di riempire le fosse nasali e spingere le mucose verso il centro: i tamponi, una volta entrati nella fossa nasale si gonfiano con le secrezioni nasali e non si tolgono con la stessa facilità con cui si inseriscono. Espressioni aneddotiche come “mi hanno tolto il cervello dal naso” o 'l'esperienza più brutta della mia vita', sono comuni tra chi ha subito la fastidiosa procedura. Ma i tamponi sono proprio necessari? La risposta è no! Esistono oggi valide alternative al loro utilizzo. Il metodo più semplice è quello di sostituirli con una lamina in silicone inserita ai due lati -taglio2- del setto nasale e bloccata con un punto transfisso. Ma è addirittura possibile non mettere nulla nelle fosse nasali, basta infatti suturare a materassaio il setto nasale con un punto riassorbibile. Nello specifico immaginiamo una macchina da cucire che passi da davanti a dietro nella fossa nasale da un lato all’altro del setto nasale e che alla fine di questa cucitura le mucose restino attaccate al centro: a che servono i tamponi?. Se il procedimento spiegato cosi sembra facile, la cucitura non è semplicissima da realizzare soprattutto nella parte posteriore del naso: richiede manualità ed esperienza e ritarda di circa dieci minuti la conclusione dell’intervento, ma assicura senza dubbio un migliore confort al paziente. La dimissione avviene normalmente il giorno dopo l’intervento con una sola notte di degenza: dalla sera stessa dell’intervento ci si può alzare, passeggiare e mangiare. Alcune attività, come il lavoro da casa o lo studio, possono essere riprese già dal giorno dopo. Le altre attività, come lavori non fisicamente pesanti e senza esposizione al sole, possono essere avviate di nuovo a due settimane. Sul naso, in concomitanza all'uscita dalla sala operatoria, viene applicata una mascherina nasale rigida che viene rimossa insieme ai punti di sutura columellari (sotto la punta del naso) a sette giorni dall'intervento. Dopo la rimozione della mascherina, verranno applicati dei cerotti sul dorso nasale per una o due settimane; tali medicazioni sono necessarie per riadattare la pelle sulla nuova struttura osteo-cartilaginea creata con l’intervento. Il naso rimane edematoso per una o due settimane. Il naso, soprattutto con la tecnica open, tende a sgonfiarsi con molta lentezza. Per i primi mesi è molto gonfio, soprattutto a livello della punta. Gradualmente poi tende ad evidenziarsi il risultato definitivo, che può considerarsi tale a circa un anno dall’intervento.





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