Tra memoria e futuro
“Retrospection” è il nuovo album del compositore neoclassico, uno splendido ed intenso diario di viaggio in musica
Tra i più originali compositori del panorama neoclassico contemporaneo, Francesco Taskayali ha pubblicato il suo undicesimo album, “Retrospection” (etichetta discografica AreaLive). -taglio- Il cd è riflessione intima e viaggio sonoro che abbraccia il mondo intero, con il suono del pianoforte, minimale, elegante, che dialoga con sax, basso e batteria, tra piano solo e ensemble cameristico. È, allo stesso tempo, un ritorno alle origini e un proiettarsi nel futuro. Con la sua ricerca, il compositore italo-turco supera i confini tra classico e sperimentale, tra performance colta e ascolto intimo. L’album, anticipato dal singolo “Hakan”, feat. Lorenzo Mancarella, racconta conflitti, migrazioni, pause e silenzi. La sua musica sembra fluttuare tra acqua e cielo, tra memoria e futuro. I paesaggi che lo hanno ispirato spaziano dall’Agro Pontino al Bosforo, dalle carceri ai mari in tempesta. Con i suoi “Floating Concert” sul Lago di Paola, nel Lazio, dalla Sicilia a Ventotene passando per Hong Kong, Kiev, il Venezuela, dalle piazze insorte alle navi dei migranti, Taskayali cattura l’essenza di luoghi diversi ma ricchi di umanità. La tua musica spazia dalla classica alla performance, parlando per immagini evocative tra minimalismo e ricerca di nuove sonorità: cosa ispira la tua elegante ricerca? “Credo di avere un unico processo compositivo, che è quello di sonorizzare la mia vita. Scrivo per i ricordi e per il futuro e poi, ovviamente, mi lascio trasportare, ogni improvvisazione è un viaggio. In questo momento sto lavorando ai prossimi concerti e vi sarà una prima mondiale con un progetto scritto per pianoforte e vasi di cristallo. C’è tanta Istanbul nella mia musica! La mia infanzia è stata caratterizzata da quella città, così come un po’ della mia adolescenza. La musica etnica e turca sicuramente mi aiutano a spaziare molto”. Il tuo ultimo album, “Retrospection”, è un diario di viaggio in musica. Hai tenuto concerti in diversi luoghi del mondo, superando i confini geografici per creare nuovi dialoghi… “A 21 anni ho fatto la prima tournée mondiale, mi ha aperto la mente: Caracas sotto Chavez, l’Africa, l’Ucraina e l’Asia… Vedere così tanti posti in così poco tempo mi ha dato un senso di grande relatività. A quell’età ho scoperto che bastano due ore di aereo per vivere un mondo ribaltato. Forse è una cosa che ho portato nella mia musica, l’idea di costruire ponti culturali con la musica, il fatto che ovunque si riesca a intravedere cosa intende dire un compositore”. In concerto hai presentato i brani di "Retrospection" in una versione intima, per pianoforte e clarinetto, con improvvisazioni e proiezioni visive: con quali musicisti hai realizzato l’album? “Mi sono avvalso della collaborazione di un grande amico e collega, Francesco Mancarella, che ha uno studio a Lecce dove vado spesso. Inoltre, al basso suona Giovanni Caloro: con lui ci siamo divertiti a scrivere varie versioni dei brani, e al sax c’è Lorenzo Mancarella, bravissimo artista e polistrumentista”. Dai teatri abbandonati del Venezuela agli ospedali durante la pandemia, realizzando anche un documentario, dalle navi dei migranti alle piazze insorte di Kiev, la tua musica in contesti inusuali è un invito alla solidarietà, alla pace? “É un messaggio di speranza, in primis, che do continuamente a me stesso. Forse Istanbul e i viaggi mi hanno fatto vedere il vero divario sociale che in Europa è più difficile percepire nella vita di tutti i giorni. La musica in questo ci salverà?”. Hai fatto anche volontariato: il mondo sta vivendo chiusura, intolleranza, xenofobia che rendono ancor più difficile l’impegno di attivisti e di tutti coloro che si battono per i diritti civili… “Faceva parte della mia ricerca, perché sì, è importante scrivere, ma forse è più importante avere un motivo per farlo”.