Ripercorriamo con la scrittrice e giornalista Bruna Bertolo il dramma dei manicomi, prima e dopo la loro chiusura
Mi trovo a maggio del 2025 presso il Salone del libro di Torino e incrocio una signora tra le tante, ma non è una sconosciuta: i nostri sguardi si incontrano. -taglio- È una scrittrice, oltre che una grande persona: Bruna Bartolo. Nata a Rivoli (TO), tesi di laurea in storia della filosofia, giornalista, pubblicista, ha pubblicato numerosi libri di argomento storico. Diversi quelli usciti con Susa Libri. A partire dal 2011 ha concentrato la sua ricerca soprattutto sulla storia delle donne, con la pubblicazione di diversi titoli con la stessa casa editrice. Come detto, ci guardiamo, ci riconosciamo e ci fermiamo stupite. Poi un sorriso e via con le parole che diventano subito questa intervista. L’ultima nostra conversazione è stata in occasione dello spettacolo teatrale a Torino "Il tango delle Rose", per me una vera e propria rivelazione di una persona fuori dal comune… “Ricordo con piacere. Che spettacolo meraviglioso abbiamo visto insieme! Così toccante, così emozionante! Ha colto perfettamente lo spirito del mio libro toccando le corde del cuore e facendo una trasposizione in scena non sempre semplice già per ogni testo, figuriamoci con questo. Merito della regista, una vera "fuoriclasse" Anna Cuculo: le quattro donne in scena, la dinamica tra loro è stata un ritmo perfetto.” Sono d'accordo, ma la realtà da cui partire è il suo libro profondamente commovente e, soprattutto, autentico. Intellettualmente coerente alla Verità ricercata nel volume, constatando la grande capacità interpretativa delle attrici e certamente la Cuculo si dimostra sempre raffinata e straordinaria nel suo ruolo. Tornando però al suo libro, come nasce “Donne e follia in Piemonte”? “Prende vita nel tempo, più di tre anni, a dire il vero. Una sorta di maturazione concettuale per i cento anni dalla nascita di Basaglia, illuminato Psichiatra di Torino. Ricordiamo che la legge del maggio 1978 porta il suo nome e ha segnato un momento fondamentale con la chiusura e l'abolizione dei manicomi. I malati erano prima relegati nell'isolamento, la legge Basaglia ha segnato la svolta nel mondo dell'assistenza ai malati psichiatrici, prima relegati all'isolamento, alla coercizione e alla contenzione fisica. A Torino ne avevamo tre: uno rimasto nella memoria collettiva a Collegno.” Come si è fatto fronte al problema dei malati di mente fuori dalle strutture? Dove andavano poi praticamente? “Per i malati di mente fuori dai manicomi è stato il caos: si sono ritrovati nelle "terre di nessuno". Si dice che difficilmente ritornavano a casa, tanti tornavano al manicomio (presidiato per allontanarli), altri vagavano per strada, altri trovavano una certa "dimensione" di sé. In seguito per fare fronte a questa situazione sono nate delle cooperative.”-taglio2- Sappiamo di personaggi noti da citare che entrarono nel manicomio di Collegno. “Sì. Ida Peruzzi, moglie di Salgari, soffriva di violente crisi nervose, causate anche dal trauma di aver perso una figlia per tubercolosi. Fu ricoverata per “erotismo fisiologico esagerato” con conseguente disturbo all'ordine pubblico. Venne rinchiusa nel manicomio femminile di via Giulio a Torino e poi trasferita al manicomio di Collegno da cui non uscirà più. Lì apprese del suicidio di suo marito.” Come mai un genio della letteratura arrivò al suicido? “Salgari, per contratto, era obbligato a scrivere tre libri l'anno e, per mantenere quei ritmi, fu costretto a scrivere tre pagine al giorno. A causa del conseguente stress scriveva fumando un centinaio di sigarette al giorno e beveva un bicchiere di vino marsala dopo l'altro. Inoltre dirigeva contemporaneamente un periodico di viaggi. I suoi nervi non ressero. A ciò si aggiunse la nostalgia della moglie, ricoverata da mesi in manicomio. Stressato e umiliato rimase da solo e con i figli da accudire. Si tolse la vita la mattina di martedì 25 aprile 1911.” Mi perdoni, ma queste informazioni così intime le ha trovate a Collegno? “Certamente, nell'archivio delle cartelle mediche. In particolare quella riguardante la moglie di Salgari mi ha turbato profondamente perché "suonava" così giudicante che ne ho appreso le informazioni fondamentali e ho chiuso la pratica. Letteralmente. Scavare nelle memorie di queste donne mi faceva stare male, basti pensare che ho scritto tanti libri su storie femminili, ma la stesura di questo andava a rilento.” Qual è il segreto del grande successo di questo libro? “Diverse motivazioni: l'essere edito esattamente nel centenario della nascita di Franco Basaglia che fu un vero e proprio rivoluzionario della psichiatria italiana. Il fatto che il tema trattato risulti, in qualche modo, sempre attuale: per esempio ora mi sto recando a un incontro con gli universitari, dove si parlerà di malattia mentale. Ultima importante chance è aver avuto la possibilità, per un certo periodo, che ‘Donne e follia in Piemonte’, edito da Susa Libri, venisse allegato ad un noto quotidiano nazionale.”