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“Fiera di me”

di Gennaro Santarpia

Numero 188 - Maggio 2018

Ha le idee molto chiare Irene Maggi, artista milanese che ha da poco pubblicato il suo album “Tank girl”


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Irene Maggi è una cantautrice milanese, il cui percorso musicale inizia davvero molto presto; infatti si avvicina alla musica classica all’età di 4 anni con lo studio del violino. Durante l’adolescenza, come dichiara in questa intervista, è stata molto importante la passione per la musica dei suoi genitori: da Carole King e Joni Mitchell fino a Billie Holliday. In questo modo, una giovanissima Irene approccia al mondo del folk, del jazz e della musica nera, e dopo pochi anni si iscrive alla Scuola Civica di Jazz del Comune di Milano. Dopo aver partecipato ad alcuni progetti indipendenti, Irene Maggi inizia un’intensa attività live, e grazie all’incontro con il produttore Francesco Sacco, nasce il disco “Tank girl”.

Partiamo subito dal tuo ultimo progetto discografico: come nasce “Tank Girl” e qual è il suo leitmotiv?

“È un album autobiografico che racconta di una storia d’amore basata su una corrispondenza che ho avuto con una persona in lingua inglese, dalla quale è partita poi la scrittura dei testi. -taglio- Successivamente sono passata alla melodia ed infine c’è stato l’intervento del produttore che ha messo una sorta di ‘vestito’ a queste canzoni che erano ancora ‘nude’ aggiungendo arrangiamento, orchestrazione e tutti gli altri particolari. Il titolo, che è poi anche l’intro del disco, è dovuto al fatto che quando ho conosciuto questa persona piaceva ad entrambe l’idea di una donna punk, anche guerriera in un certo senso, una sorta di cyborg, che è poi divenuta anche la copertina del disco.”

Sei anche tu una guerriera nella vita?

“In un certo senso sì, sono sempre stata abituata a fare tutto da sola, senza mai ricevere aiuti così, come per questo disco, ho proprio combattuto perché uscisse facendo tutto di testa mia, senza puntare a nulla di commerciale desiderando un lavoro discografico spontaneo e veritiero.”

Come mai la scelta di cantare in lingua inglese?

“Perché volevo restasse intatta la bellezza e la veridicità della storia che ha ispirato questo album. Anche la parola Tank Girl non esiste in italiano, ma tradurla sarebbe stata una forzatura.”

Tra le canzoni ce n’è una che consideri rappresentativa dell’intero album?

“Forse quella che mi rappresenta di più e che sento molto emotivamente è ‘Mr. Agony’, un racconto misto tra il cantato ed il parlato. Si tratta di una canzone, per me, riuscita molto bene nonostante non abbia nessun canone della canzone pop tradizionale. Inoltre, è nata da un errore -taglio2- ritmico, dalla sovrapposizione di due pattern che apparentemente tra loro non c’entravano nulla!”

Ti consideri più un’artista da live o da studio di registrazione?

“Considerando che il mio percorso di studi Jazz si è basato sin dall’inizio su un tipo di musica che ti insegna a lavorare molto sull’improvvisazione e sul live, a me è sempre piaciuto tanto cantare ed esibirmi dal vivo. È bello stare in studio a registrare, ma le emozioni che ti regalano il palco ed il pubblico fisico sono tutt’altra roba...”

Nell’arco della tua carriera hai mai avuto un punto di riferimento, o comunque un modello da seguire in ambito musicale?

“Ho iniziato a studiare musica grazie a mio papà ed ai suoi vinili, che ascoltavo sin da piccolissima in casa. È stato proprio lui la persona che mi ha sempre spronato ed incitato. Col passare degli anni sono stata sempre attratta da tutto, da ogni genere musicale, forse preferisco la musica straniera a quella italiana.”

Cosa bolle in pentola per il prossimo futuro?

“La cosa che ora mi preme è promuovere il disco ed organizzare un piccolo tour estivo inizialmente nel centro-sud Italia. Per il futuro mi aspetto di fare un passo importante: cominciare una collaborazione con qualcuno che creda in me e nella mia musica, e quindi trovare un’etichetta medio-grande che non faccia parte del mondo delle autoproduzioni e che mi può aprire nuove porte.”


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