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FEDERICO BUFFA

di Laura Fiore

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Continua a raccontarci delle storie incredibili, che riguardano lo sport, la storia e la cultura mondiale. Incontriamo Federico Buffa


Pelé, Loco Houseman, Lebron James, John Lennon, Elis Regina… questo è il mondo di Federico Buffa, un uomo che non è solo un giornalista, un commentatore, uno storyteller, uno scrittore, ma è tutte queste cose messe insieme. In questo periodo lo ritroviamo in giro tra le maggiori città italiane con lo spettacolo “Il rigore che non c’era”, testo scritto dallo stesso Buffa a quattro mani con Marco Caronna, spettacolo che partendo da alcune storie sportive, si trasforma in un affresco storico, poetico e musicale. Noi di Albatros Magazine lo abbiamo intervistato; una chiacchierata che è andata oltre lo sport: tra passioni, meditazione e viaggi.

È ripartita la tournée nei teatri italiani con “Il rigore che non c’era”, spettacolo che già la scorsa estate ha riscosso grande successo. Quali sono le novità di quest’anno?

“Non si possono elencare le novità di quest’anno, perché ogni serata può subire delle variazioni. Questo è possibile perché si tratta di uno spettacolo molto modulare, quindi volendo uno può inserire delle cose che non c’erano la volta precedente. In questo, però, ci sono tanti pezzi che non c’erano nell’altra versione; per esempio, siccome è il cinquantennale della Luna, ho deciso di dedicare più spazio alla missione Apollo 11 rispetto alle edizioni precedenti.” -taglio- “Il rigore che non c’era” è quell’evento, magari improvviso, che ha cambiato la storia di una partita; quella metafora, talvolta inaspettata, che ha trasformato la storia di una vita. Cosa sarebbe successo se lei non avesse intrapreso una carriera simile?

“Quale delle mie carriere? – rde ndr. Per quanto riguarda il mio percorso da storyteller, devo dire che se non avessi registrato, a suo tempo per Sky, ‘Storie mondiali’ molto probabilmente nessuno mi avrebbe chiesto di andare a fare uno spettacolo teatrale. Al contrario, se non avessi dedicato la mia vita a tutte queste cose, sarei una persona molto annoiata!”

Lei parla di sportivi che hanno fatto la storia e spesso cita anche Lebron James, il quale nella sua carriera non ha mai pensato di non dire e fare qualcosa per non esser giudicato “male”? Chi potrebbe rappresentare secondo lei il Lebron James italiano in fatto di “grandezza” sportiva e non solo?

“Nessuno. Perché nessuno ha lo stesso status atletico mondiale di Lebron James. A mio avviso gli atleti italiani hanno molto meno il desiderio di esporsi sotto questo punto di vista. Lebron James è chiaramente uno di quegli atleti che ha deciso di caricarsi di una forte responsabilità. Non dimentichiamoci che qualche secondo dopo la morte di Muhammad Ali, James twittò: ‘Grazie Muhammad per aver asfaltato la strada per noi’ quindi è chiaro che il nero che è in grado di esprimersi sulla realtà sociale americana, tipo Ali, è da considerarsi un grande. La differenza è che Muhammad Ali negli anni ’60 rischiava abbondantemente la vita, oggi leggermente meno, ma è lui che ha creato l’idea del nero che parla di questioni sociali e Lebron è stato molto colpito da questo aspetto. Infatti L J è attivissimo e proprio in questo spettacolo racconto che sta vestendo la maglia di Colin Kaepernick, il giocatore di football che è stato bandito dalla NFL.”

Cambiando completamente argomento: ho letto che anni fa ha cominciato a frequentare un monastero zen a Milano, come mai?

“Nonostante il via vai con gli Stati Uniti per questioni maggiormente di lavoro, amo molto anche l’Oriente. Infatti, in estate viaggio solo in Oriente anche per periodi piuttosto lunghi. Ho sempre avuto una grande attrazione per il mondo giapponese e all’interno di questo mondo ci sono alcuni momenti in cui avuto attrazione anche nei confronti della pratica zen, che è differente rispetto al Buddhismo tradizionale. La pratica zen la reputo proprio come una scelta ribelle rispetto al Buddhismo, ha molto effetto su di me, quindi ho deciso di abbracciare questo pensiero.”

Le manca il mondo NBA?

“No, perché continuo a viverlo seppur non come commentatore. Un mese e mezzo fa sono stato negli Stati Uniti, dove ho fatto le due cose che mi piacciono di più: cinema e NBA, due delle mie più grandi passioni, farlo lì è eccezionale.”

Prossimi progetti?

“La tournée dura fino a maggio, ma ho in programma anche altri appuntamenti. Durante questo periodo devo completare dei programmi che andranno in onda su Sky, sono 6 piccoli documentari su vecchie Coppe dei Campioni di calcio che si vedranno fino al giorno della finale di Champions. Quest’estate, invece, devo partecipare con un piccolo spettacolo ad un progetto della regione Emilia Romagna durante il periodo degli europei di calcio juniores under 21. Poi, ancora, sarò impegnato con uno spettacolo su Stanley Kubrick e sul film Odissea nello spazio.”

Un ultima domanda: se potesse scegliere, un domani chi vorrebbe raccontasse la sua storia?

“Non ho molta attrazione per la visibilità, infatti non ho una presenza social media perché non riesco a farmi prendere dall’euforia di raccontare pubblicamente chi si è. Vivo la mia vita in una direzione completamente opposta, quindi quando le mie apparizioni finiranno, andrà bene così.”

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