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ELENA URLAEVA

di Maresa Galli

Numero 176 - Aprile 2017

Una donna, un’attivista che si batte con coraggio, direttrice della Ngo indipendente Alleanza dei difensori dei diritti umani dell’Uzbekistan: Elena Urlaeva.


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Lo scorso 31 maggio è stata arrestata dalla polizia mentre cercava delle prove sui lavori forzati nei campi di cotone. Arrestata, l’attivista è stata sottoposta a violenza sessuale e ancora umiliata e costretta a urinare in un prato mentre la polizia girava un video da diffondere nel web. “I funzionari erano molto aggressivi nei miei confronti - racconta Elena- perché ho fotografato i dottori che la polizia aveva fatto salire sull’autobus per andare a diserbare il cotone. -taglio- I poliziotti temevano che io nascondessi la chiavetta usb e poi pubblicassi le fotografie, in modo da portare alla luce del sole i crimini relativi ai lavori forzati. Il trauma più grande è stato la perquisizione nei miei organi genitali per cercare la chiavetta usb, e mentre lo facevano mi trattenevano mani e piedi. L’interrogatorio è stato condotto in lingua uzbeka, che io non conosco parlando solo russo”. Il giorno dopo ha sporto denuncia ma a nulla è servito. Ad Elena vengono regolarmente applicati la detenzione psichiatrica, il trattamento psichiatrico coatto e l’annullamento della privacy. Pur essendo vietato il lavoro forzato in Uzbekistan, è un dato la pratica di mandare nei campi di cotone bambini, medici e insegnanti. Nel 2015 Elena, insieme con la giornalista Malokhat Eshonkulova, ha monitorato i lavori forzati nei campi di cotone nella regione di Khorezm. Ne è emerso che scolari dagli undici ai quattordici anni e professori sono costretti a raccogliere il cotone ogni giorno dopo le lezioni e di domenica. Lo sfruttamento coinvolge anche medici e studenti universitari, che dormono inoltre in condizioni antigieniche, in accampamenti o nei garage. -taglio2- Nonostante le minacce di morte e il sequestro delle macchine fotografiche, le due donne sostengono di “voler continuare a monitorare lo sfruttamento di bambini e adulti nella raccolta del cotone.” L’Uzbekistan è uno paesi peggiori al mondo dal punto di vista dei diritti umani, e dagli anni Novanta, da quando Islam Karimov si è autoproclamato presidente a vita, la situazione è peggiorata. Si pratica una costante epurazione di attivisti e dissidenti sottoposti alla politica del terrore assieme ad intellettuali, giornalisti, attivisti del sociale, donne e minoranze, inclusa la comunità gay. Circa diecimila intellettuali e dissidenti sono al momento imprigionati. Sul sito di Amnesty International Elena è segnalata come “individuo a rischio”. Lei afferma: “Nonostante gli ostacoli, gli arresti, le torture, noi attivisti continuiamo la nostra campagna di difesa dei diritti umani, perché non possiamo lasciar perdere la lotta. Vogliamo fermare l’abuso e la prepotenza del potere e obbligare il governo a non violare i diritti umani.” Quanto coraggio di fronte all’indifferenza della comunità internazionale...





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