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Donne contro la mafia

di Gilda Notari

Numero 226 - Dicembre-Gennaio 2021-2022

La storia delle due sorelle Savina e Maria Rosa Pilliu raccontata nell’opera “IO POSSO” di Pierfrancesco Diliberto, in arte PIF, e del giornalista Marco Lillo


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La maestria di PIF, autore, conduttore e documentarista televisivo, regista cinematografico, è quella di averci raccontato e di raccontarci i crimini della “mafia” e i suoi condizionamenti nella vita sociale con ironia e leggerezza, senza mai però distogliere lo sguardo dalla denuncia di fatti accaduti, che hanno sconvolto le vite di persone che hanno voluto fare la cosa giusta. -taglio- Nel libro “IO POSSO – due donne sole contro la mafia”, ha, insieme al giornalista Marco Lillo, raccontano la storia delle sorelle Savina e Maria Rosa Pilliu, che hanno avuto il coraggio, ma soprattutto la determinazione di dire di no alla mafia e di denunciare. Marco Lillo, giornalista investigativo, oggi vicedirettore de “Il Fatto quotidiano” non è nuovo alle denunce contro la mafia. PIF, all’anagrafe Pierfrancesco Diliberto, è oggi autore del programma cult, “Il testimone”. Denunciare i soprusi di chi appunto dice “IO POSSO” verso le persone comuni è per entrambi gli autori un obbligo morale verso una società, quella siciliana, che entrambi amano. Noi incontriamo gli autori e Savina Pilliu al Solone del Libro di Torino. La storia narrata è, come anticipato prima, quella di due sorelle, Savina e Maria Rosa Pilliu, di origine sarda, cosa che si intuisce già dal loro cognome, che in Sicilia sono proprietarie di un negozio di prodotti Sardi, come sottolinea PIF: “Immaginate di tornare un giorno a casa vostra e di trovare un costruttore legato alla mafia lì davanti. Immaginate che vi dica che quella non è casa vostra, ma sua. E che, qualche anno dopo, ve la danneggi gravemente per costruirci accanto un palazzo più grande. Immaginate di dover aspettare trent’anni prima che un tribunale italiano vi dia ragione. Immaginate che, dopo tutto questo tempo, vi riconoscano un compenso per danni, che però nessuno vi pagherà mai dato che il costruttore nel frattempo è stato condannato perché legato alla mafia e lo Stato gli ha sequestrato tutto. E’ ancora, immaginate che di quella somma, che non riceverete mai, l’Agenzia delle entrate vi chieda il 3 per cento.” Questo è successo a Maria Rosa e Savina Pilliu. Un vortice di soprusi che ha coinvolto “mafiosi eccellenti, assessori corrotti, Killer latitanti, avvocati illustri, istituzioni pavide… e banchieri generosi”. Mi scuso per la lunga citazione ma era necessaria. Solo così il lettore può rendersi conto di dove possa arrivare la mafia, certo, ma anche l’ottusità dello Stato, di fatto una situazione che neanche Kafka, nei momenti di massima ispirazione, avrebbe potuto immaginare.” “Tutto inizia…” – continua Marco Lillo –“… con un no: davanti al Parco della Favorita, centro di Palermo, un terreno suscita l’interesse di un costruttore, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Sono gli anni 80. Per edificare un palazzo di nove piani deve acquistare e abbattere tutte le casette che stanno intorno: riesce a prenderle tutte tranne quelle della famiglia Pilliu. -taglio2- Il costruttore se ne infischia del loro no e va avanti, dichiarando che tutta l’area è sua, e con le ruspe danneggia l’abitazione delle Pilliu, che denunciano, iniziando una battaglia trentennale.” Perché affermate che il finale è aperto? PIF: “Perché con questo libro chiediamo ai lettori di riscrivere il finale, ovvero dare la possibilità a Savina Pilliu (Maria Rosa è venuta a mancare) di pagare quanto gli viene chiesto dalla Agenzia delle Entrate, ma anche far sì che la loro casa ricostruita diventi un simbolo contro al Mafia. Nella speranza che un domani lo Stato possa decidere che le Pilliu sono vittime di mafia e quindi dare loro il risarcimento di 780.000 riconosciutogli dalla giustizia processuale” Parliamo del titolo: “IO POSSO”… Pif: “Io posso me lo disse un compagno di scuola che a fine liceo si era iscritto in due facoltà. ‘Ma non si può!’, dico. ‘Io posso’, risponde, imbarazzato. Vogliamo cambiare la prospettiva: l’azzardo è usare un’espressione che è sempre stata usata per non rispettare le regole e sovvertirla nel senso del rispetto.” Lillo: “I lettori hanno capito che è una battaglia simbolica a Palermo davanti a un palazzo dove - nascosto tra decine di persone perbene, magari ignare - ha abitato Brusca in latitanza dopo aver ucciso Falcone; dove sono passati i capi della mafia stragista, da Bagarella a La Barbera. Certe cose non si sanno: molti abitavano lì intorno e non ne avevano mai sentito parlare”. Raccontate, dunque, una mafia che è violenta anche quando non spara o fa esplodere bombe? Pif: “Certo. La storia si inserisce nella quotidianità della città, venendo ignorata. In questa storia c’è corruzione, ci sono pezzi delle istituzioni che non fanno il loro dovere, c’è codardia: anche l’avvocato le molla.” Chiediamo a Savina Polliu, presente al Salone, quali minacce hanno ricevuto… “Ci hanno recapitato più volte a casa o al negozio fusti di calce e corone di fiori funebri” Ancora una volta il nostro PIF, che consideriamo il nostro sguardo di attivismo civile sulla società italiana, e il giornalista investigativo Marco Lillo, hanno portato all’attenzione di tanti una storia vera che ancora una volta ci deve far riflettere, non ci deve far mai voltare lo sguardo da un’altra parte e darci la consapevolezza che la società civile che lavora onestamente esiste e che è pronta a dire no alle ingiustizie, anche con il semplice atto di comprare un libro, viste le finalità.





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