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Dominic Miller

di Maresa Galli

Numero 223 - Settembre 2021

Con l’album “absinthe” si riconferma musicista di classe, mescolando generi in un unico emozionante linguaggio


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Il grosso pubblico lo conosce come storico chitarrista di Sting, ma Dominic Miller è anche solista di successo, musicista, compositore, magnifico solista con nove album all’attivo e preziose collaborazioni con artisti del calibro di Peter Gabriel, Tina Turner, The Chieftains, Eddi Reader, Katie Melua, Bryan Adams, -taglio-Paul Young, Nigel Kennedy, Ronan Keating, Beverly Craven, Richard Wright, Jimmy Nail, Mango. Il suo è un tocco riconoscibile ed elegante, dal fraseggio virtuoso e godibile. Possiede una compositività poliedrica, capace di fondere, come pochi, pop, folk, jazz, elementi classici, latin e tango, creando un genere nuovo, fluido, che arriva al cuore. La sua musica è un bel quadro di pittura contemporanea, un concept di variegate arti unite da accordi vibranti, mai scontati, che hanno triturato le sue radici argentine e il viaggio di una vita. Tra i suoi riferimenti artistici Egberto Gismonti, Antônio Carlos Jobim, Vincent Nguini, Jimi Hendrix ma anche Bach e Stevie Wonder. Il penultimo lavoro discografico, il primo pubblicato dalla leggendaria ECM, è “Silent Light” al quale segue “Absinthe”. Registrato nello studio “La Buissonne” nel sud della Francia, “Absinthe” si avvale del tocco di musicisti di livello mondiale (Manu Katché alla batteria, Nicolas Fiszman al basso, Mike Lindup al pianoforte, tastiere e Santiago Arias al bandoneon). L’associazione culturale “Nu’ Tracks” di Stefano Scopino e Anna Evangelista ha promosso l’unica data per il Sud Italia del concerto acustico di Dominic Miller. Location: Casa Tolentino, struttura dall’ampia e preziosa mission, gestita da una cooperativa che, in collaborazione con “Nu’ Tracks”, ha ospitato il concerto. Il musicista racconta la sua musica ai lettori di Albatrosmagazine. Con Absinthe la musica va oltre la definizione di generi, è un incrocio di culture: gli Impressionisti francesi, le tue radici argentine, le radici sudamericane… Un’ispirazione varia, di stili e influenze differenti… Il bandoneon ha un ruolo di primo piano nell’album… Mi hanno influenzato i colori dell’Impressionismo, cromatismi esagerati quasi psichedelici, come l’assenzio (Absinthe), che è anche uno stato della mente. Ho usato lo spazio e l’armonia come fossero una melodia, puro ritmo. Ho cercato di seguire questa ispirazione usando anche il bandoneon in modo differente dal solito, in maniera molto completa lontano dai clichè. È al servizio di un concetto musicale differente, con un uso diverso e più complesso del bandoneon. Il bandoneón descrive ancor meglio queste sonorità, anche se per lo più è utilizzato nei classici contesti argentini del tango, ma qui lo adopero nel senso più globale del sound. La mia musica è fatta di infiniti colori. Il mio dna di musicista cresce grazie a tutto ciò da cui attingo. La mia vera ambizione è quella di continuare sempre a migliorare. La gran parte dei miei sogni si è realizzata e cerco di tenere molto alto il livello. Quando suono mi piace soprattutto dare spazio ai musicisti: ognuno di noi può evolvere e migliorarsi. Hai dedicato l’album a tuo padre…-taglio2- Ho dedicato a mio padre versi della sua poesia preferita, “Vagabond”, splendida lirica, che è il concept di questo album. Mio padre è morto lo scorso anno e quando ho composto il cd avevo lui in mente. È impossibile descrivere, raccontare la musica; l’anima del disco si traduce in quella ispirazione. Quale l’emozione di suonare in un posto così intimo, una Chiesa, e non in un grande spazio con tanto pubblico? Potrei suonare per centinaia di migliaia di persone o per dieci persone: non c’è differenza per me. Mi piace suonare qui e ora, con i miei musicisti, o davanti a un numeroso pubblico. Essere in un posto intimo mi piace: qui la gente è molto più connessa! Se è più facile creare un incontro è, allo stesso tempo, più difficile perché deve scattare la chimica, non sappiamo dove ci condurrà. Così suonare in piccoli luoghi diventa una sfida maggiore! È importante suonare con musicisti con i quali c’è grande affiatamento: siete quasi persone di famiglia…far parte della squadra ECM…
R. Si, certo ma è anche bello crescere suonando con grandi personaggi come Egberto Gismonti, Keith Jarrett, Jan Garbarek… Con questi artisti è il sogno che si avvera. Con loro ho registrato dischi e prodotto dischi al mio studio preferito. Questa sera suono con Nicolas Fiszman, con il quale collaboro da circa quindici anni, con Jacob Karlzon alle tastiere e Rhani Krija alle percussioni. In “Absinthe” suonano Nicolas Fiszman, c’è Mike Lindup dei Level 42, con il quale abbiamo già dato vita a diversi progetti, e Manu Katché con il quale ho lavorato anche in alcuni album di Sting. E c’è Santiago Arias al bandoneón, che in questo cd ha un ruolo fondamentale. Spesso suoni con tuo figlio Rufus, affermato chitarrista: sei stato il suo maestro? Più che insegnante di chitarra (è sempre difficile insegnare a un tuo familiare!) sono il mentore di mio figlio che è autodidatta. Ha un gran senso ritmico, abbiamo un’ottima intesa artistica e non lo considero mio figlio ma un grande professionista. È un privilegio suonare ed essere in tour insieme! Con chi vorresti suonare in futuro? Herbie Hancock, altri noti musicisti… R. Con l’orchestra e con tanti musicisti anche non famosi. Non voglio suonare necessariamente con chi è famoso. Ci sono tanti bravissimi musicisti che nessuno conosce. Il Brasile, ad esempio, è pieno di ottimi musicisti. E amo i musicisti classici. Mi piace suonare con la Chicago Symphony Orchestra e il quartetto dalla Simphony Orchestra! E fare musica stupefacente! Il ruolo della pop star è fare musica con questa commistione. Herbie Hancock ma anche immenso Phil Collins, i Pretenders e Sting! La musica ha mille colori!!





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