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Contro la violenza

di Alfredo Salucci

Numero 235 - Novembre 2022

25 novembre giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne


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Le nazioni Unite nel 1999 dichiararono il 25 novembre giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. La prima definizione di violenza di genere fu approvata dall’ONU nel 1993 e descrive la violenza contro le donne nel modo seguente: “Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale o psicologico, comprese minacce di violenza, la coercizione o privazione della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata”. -taglio- Successivamente la IV Conferenza mondiale delle donne, tenutasi a Pechino nel 1995, ha rivisto la definizione di violenza contro le donne nel modo seguente: “La violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente inuguali tra gli uomini e le donne, che hanno condotto alla dominazione sulle donne e alla discriminazione da parte degli uomini e costituisce un ostacolo al pieno progresso delle donne”. Questa conferenza, a cui hanno parteciparono 189 governi, resta una pietra miliare per quanto riguarda i diritti delle donne, e per la eliminazione di tutte le discriminazioni nei loro confronti. In questa conferenza furono individuate e segnalate dodici aree di crisi come impedimento al miglioramento della condizione femminile. Vale la pena citare quanto riportato nel capitolo III del documento approvato dai Governi intervenuti alla IV Conferenza mondiale delle donne di Pechino 1995, circa le dodici aree di crisi: “A tale scopo, i Governi, la comunità internazionale e la società civile, incluse le organizzazioni non governative del settore privato, sono chiamati ad assumere iniziative strategiche nelle seguenti aree di crisi: – Il perdurante e crescente peso della povertà sulle donne; – L’accesso disuguale, la disparità o la scarsità di opportunità educative e di formazione professionale qualificata a tutti i livelli; – L’accesso disuguale, la disparità e l’inadeguatezza nell’assistenza sanitaria e nei relativi servizi; – La violenza contro le donne; – Le conseguenze dei conflitti armati o di altro genere sulle donne, incluse quelle che vivono sotto occupazione straniera; – La disuguaglianza nelle strutture economiche e politiche,-taglio2- in tutte le forme di attività produttive e nell’accesso alle risorse; – La disuguaglianza tra donne e uomini nella distribuzione del potere decisionale a ogni livello; – I meccanismi inadeguati a ogni livello per promuovere il progresso delle donne; – Il non rispetto dei diritti fondamentali delle donne e la loro inadeguata promozione e protezione; – La stereotipizzazione delle immagini delle donne e la disuguaglianza nell’accesso e partecipazione delle donne a tutti i sistemi di comunicazione e in particolare ai mezzi di comunicazione di massa; – Le disuguaglianze tra uomini e donne nella gestione delle risorse naturali e nella salvaguardia dell’ambiente; – La perdurante discriminazione e la violazione dei diritti fondamentali delle bambine”. Il documento completo della IV Conferenza è di ben 180 pagine, e sono delle vere linee guida di comportamento indirizzate ai Governanti per eliminare tutte quelle situazioni, a volte drammatiche che, oltre alle violenze, relegano la donna in uno stato di soggezione e di inferiorità rispetto al maschio. Ora a distanza di oltre 25 anni dalla Conferenza di Pechino è opportuno valutare i progressi che sono stati fatti e gli obiettivi ancora da raggiungere. Analizzando le aree di crisi su cui i Governi erano stati sollecitati ad intervenire, ci rendiamo conto che è stato fatto veramente poco e le donne continuano a essere discriminate. E questa penosa condizione del sesso femminile non si registra solo in Stati dove la donna da secoli è costretta a una vita di sudditanza e inferiorità rispetto al maschio. Stati dove alle donne è impedito l’accesso allo studio, allo sport, ai diritti, anche elementari. Questa disuguaglianza tra sessi purtroppo si registra spesso anche nei così detti Stati democratici ed egualitari.





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