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Contaminando

di Antonino Ianniello

Numero 233 - Settembre 2022

Il chitarrista Tony Miele ci racconta il suo modo di intendere il jazz, tra sonorità da riunione e ricerca costante di quanto ancora non sperimentato


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Stavolta è il turno di un musicista che si è molto espresso sia nel circuito partenopeo, regionale e nazionale. Tony Miele, chitarrista che non si definisce un ‘purista’ del jazz ma che per la sua musica sceglie, pur restando dentro il jazz, le contaminazioni più diverse, è un classe settantotto. Di San Giorgio a Cremano, praticamente vicinissimo alla città partenopea, oltre a suonare è anche compositore, sound designer ed arrangiatore.-taglio- Tony Miele è diplomato in ‘Electric Guitar’ alla ‘RSL Rock School’ di Londra, si laurea, poi, in ‘Musica applicata ai contesti multimediali’, presso il conservatorio ‘G. Martucci’ di Salerno. Seguirà, poi, la laurea in ‘Musica Jazz’, presso il conservatorio ‘S. Pietro a Majella’ di Napoli. Insomma un musicista preparato, in considerazione del fatto che tutti i titoli acquisiti li ha ottenuti con il massimo dei voti. La tua concezione di jazz? «Il jazz l’ho studiato, l’ho amato, ma forse non mi sono mai sentito un jazzista al 100%. Almeno non dal punto di vista di molti altri definiti ‘puristi’, quelli che identificano tutto ciò che è jazz esclusivamente nel linguaggio ‘be bop’, tralasciando tutto ciò che è successo prima e soprattutto dopo gli anni quaranta americani. Definiamola così: credo d’essere un jazzista anomalo, non certamente un ‘bopper’. Il jazz (tutto il jazz) è la perfetta metafora della vita stessa. Nella vita hai degli ‘obbligati’, come le parti tematiche o gli ensambles, e dei momenti di pura libertà, come nei soli. Sta a te decidere come interpretare i temi, e cosa vuoi fartene della libertà nei soli... E poi, secondo me, senza un buon substrato culturale non vivrai mai bene, come non suonerai mai veramente bene». Il tuo ultimo lavoro è stato chiamato ‘Needed Noises’. Nella nostra lingua sarebbe come dire ‘Rumori Necessari’… perché lo hai definito così? «Posso dirti che il titolo provvisorio era ‘Le note che occorrono’, citazione mozartiana… ‘Con il permesso di Sua Maestà, ci sono le note che occorrono; questa sembra fu la risposta di Mozart all’imperatore Giuseppe II, in merito alle presunte troppe note contenute nel ‘Ratto dal serraglio’. E questa era la storiella che raccontavo al mio amico Cristiano, tecnico del suono, quando stavamo ultimando il mix dell’album, e si ragionava su come intitolare questo lavoro. ‘Le note che occorrono’, mi frullava per la testa, indegno omaggio alla storia della musica, titolo provvisorio che proprio Cristiano mi ha suggerito di correggere, con affettuosa ironia, in “i rumori che occorrono”, Needed Noises. Ciò anche considerata la mia forte ostinazione a mescolare la sezione ritmica con dei loop elettronici, ottenuti con campioni di rumori vari.-taglio2- In realtà, il rumore necessario o che occorre è anche la maniera provocatoria con cui ho voluto trattare l’argomento jazz, intrecciandolo con contrappunti barocchi, con la musica del 900 europeo, con l’elettronica, con la tradizione rock (cercando di non cadere negli eccessi della fusion...) e, inevitabilmente, con la nostra musica, il tutto in una formazione decisamente inusuale.» Nel disco vi sono strumenti decisamente classici come il cello di Marco Pescosolido, il flauto di Domenico Guastafierro che incontrano la chitarra elettrica o acustica, sostenuti da meticolose linee di basso eseguite da Aldo Capasso, in un contrappunto che quasi vuole sancire la ‘pax’ fra quei mondi musicali tenuti spesso lontani, o avvicinati, a volte, in maniera forzosa ed esteticamente discutibile. L’utilizzo dell’elettronica è poi “filtrato” da competenze ed esperienze ritmiche, timbriche e armoniche, in maniera decisamente originale: suoni utilizzati nella dance, nel pop, nell’hip hop, perdono qui quel ruolo di ‘spinta frenetica’, per essere trattati come morbidi elementi di orchestrazione. A impreziosire il lavoro, le eleganti parti di batteria eseguite da Gianluca Palmieri. Il significato di questo album? «È senz’altro il punto d’incontro tra mondi diversi… che, trattato con la dovuta cura diventa arricchimento, senza rinunciare a niente della propria identità. È senza dubbio l’esempio di una convivenza pacifica, di tolleranza, di rispetto per gli altri. Un esperimento che all’apparenza può essere interpretato fuori dalla logica… ma che in realtà è studiato e progettato nei minimi dettagli: dalla composizione al missaggio finale.» I tuoi progetti immediati? «Beh, per il momento mi piacerebbe portare in giro ‘Needed Noises’ in forma live, poi non ho mai smesso di scrivere, le idee sono molte... cercherò di metterle a fuoco anche alla luce dei feedback che riceverà questo lavoro, se ne riceverà!» Non resta che dargli un ‘In bocca al lupo.’





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