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Claudio Lippi

Non è mai troppo tardi

di Agnese Serrapica

Numero 201 - Luglio-Agosto 2019

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Un incontro con uno dei volti storici della televisione italiana, un presentatore, un comico, un attore e anche un interprete che ha ancora molta voglia di mettersi in gioco


Ci sono personaggi che hanno fatto la storia della televisione, che per anni sono entrati nelle case degli italiani con uno stile e una professionalità che forse, anzi sicuramente, andrebbero recuperati. Claudio Lippi è uno di quelli che ha dimostrato che lo studio e la gavetta sono la palestra più importante per raggiungere traguardi importanti, e per conservarli nel tempo. Un esempio per tutti gli improvvisati e le meteore che capita di vedere oggi sul piccolo schermo. Io ho incontrato Claudio Lippi qualche settimana fa in Sardegna, nella splendida cornice di Alghero, in occasione del “Grand Prix Corallo”, e sono rimasta particolarmente colpita dal garbo, dalla cultura e dall’ironia di una persona che sceglie di mettersi in gioco e di migliorarsi sempre, anche dopo tanti anni di carriera televisiva alle spalle.

Sei tu che hai scelto la televisione o la televisione ha scelto te?

“In verità ci siamo incontrati senza volerlo ed è stato un colpo di fulmine.”

Mi racconti i tuoi esordi?

“Il mio debutto è stato in campo discografico, nel 1964. Lo devo ad un ‘incidente di percorso’ di mio padre, che fu truffato da un socio che scappò con tutti i soldi messi in una società che produceva burro. Se non fosse capitato quel malaugurato episodio, credo che i miei non mi avrebbero mai concesso di lasciare gli studi dopo le superiori per affrontare l’avventura canora.”

Dalla musica al palcoscenico, sei un artista poliedrico, che si è “costruito” passo dopo passo. Quanto hanno contato lo studio e la gavetta? -taglio- “Studio e gavetta sono essenziali per crescere. Oggi è molto diverso. Si mandano allo sbaraglio giovani che, spesso, vivono il tempo di una stagione e non si dà loro la possibilità di ‘farsi le ossa’.”

Hai mai avuto un modello di riferimento per la tua vita professionale?

“Io, come tutti quelli della mia generazione, ho avuto la grandissima fortuna di avere modelli straordinari. Fra i tanti Mike Bongiorno, Raimondo Vianello, Johnny Dorelli e, per me, il più grande in assoluto: Corrado.”

Hai condotto decine di programmi, ce n’è uno a cui sei particolarmente legato?

“Una domanda ricorrente alla quale do, sempre, la stessa risposta: i programmi sono come i figli. È difficile sceglierne uno. Se costretto a rispondere direi ‘Giochi senza frontiere’, ‘Mai dire gol’ e la ‘Buona Domenica’ con Costanzo.”

Sei sempre entrato nelle case degli italiani dalla porta principale, con educazione e semplicità. Come ti senti quando le persone ti considerano quasi “uno di famiglia”?

“È una immensa soddisfazione essere per un pubblico trasversale una persona e non un personaggio. Ho un grande rispetto per il pubblico, che rappresenta l’universo televisivo.”

C’è qualcosa che ti fa davvero arrabbiare?

“Oggi ci sono molte cose che mi fanno arrabbiare. Quella che mi rende più arrabbiato è vedere il degrado di un paese meraviglioso in tutti i suoi aspetti: Geografico, Monumentale, Artigianale, Enogastronomico e chi più ne ha più ne metta. Segue l’indifferenza nei confronti dei giovani e degli anziani. Per ultimo, le continue promesse dei politici che molto raramente vengono mantenute.”

C’è una domanda che avresti voluto e che nessuno ti ha mai fatto?

“Purtroppo ci sono molte domande che mi hanno fatto ed avrei preferito non mi facessero. Non mi riferisco a te, naturalmente!”

Hai lavorato tanto, vanti un’esperienza di tutto rispetto, ma c’è qualcosa che televisivamente ti manca? Il cosiddetto sogno nel cassetto…

“In tutta onestà sono pieno di sogni e di progetti. Chi non sogna più e chi non ha progetti è come se fosse morto.”

E quindi…prossimi progetti?

“Vivere, lavorare e veder crescer Mya Summer, la figlia di mia figlia Federica, la mia unica e adorata nipotina!”

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