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Chantel Dartnall

di Michela Secci

Numero 265 - Novembre - 2025

Entriamo nella cucina della cheffe internazionale, che dopo il successo riscontrato in Sudafrica, con le sue proposte innovative sta conquistando la Bretagna, presso il raffinato Château des Tesnières


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La cheffe sudafricana Chantel Dartnall, riconosciuta a livello internazionale per la sua cucina botanica e poetica, ha scelto la Bretagna per aprire un nuovo capitolo della sua vita. -taglio- Dopo il successo del suo ristorante Mosaic a Pretoria, porta ora il suo universo raffinato nello Château des Tesnières, a pochi chilometri da Vitré, un luogo immerso nella natura, intriso di storia e serenità. La sua cucina è un viaggio sensoriale tra natura, emozione ed equilibrio, un inno alle stagioni e alla sostenibilità. In Bretagna, Chantel reinterpreta il territorio locale con la delicatezza che da sempre la contraddistingue, trasformando il castello in uno spazio dove storia, natura e alta gastronomia si incontrano in perfetta armonia. Acquistato e restaurato con cura dalla famiglia, il castello accoglie inoltre gli ospiti nelle sue suite maestose, vere opere d’arte dedicate a grandi figure femminili della storia e del mito. Lei è una cheffe appassionata d’arte, di storia e di botanica. Come si intrecciano questi mondi nella sua cucina? «Sono molto sensibile alla bellezza della natura, e la mia cucina deve riflettere questa sensibilità verso il bello. Amo il dettaglio di una sedia creata da un artigiano, i colori di un quadro, l’eleganza di un fiore… Nei miei piatti cerco a mia volta di rendere omaggio al Bello e a Madre Natura. Lavoro ogni piatto come fosse un quadro, capace di raccontare una storia di vita, un ricordo, un sogno - sempre in armonia con i prodotti locali e i fiori. Amo profondamente i fiori: sono una fonte viva di benessere per il corpo e per lo spirito. Mi ispirano ogni giorno.» Che cosa rappresenta per lei la “cucina botanica”? È la sua firma culinaria? «La mia cucina rende omaggio a tutto ciò che la natura offre di più bello e buono: funghi selvatici, fiori commestibili, verdure dell’orto, alghe e prodotti del mare, purché pescati con rispetto. Lo stesso vale per la carne: lavoro solo con ingredienti provenienti da produttori che conosco personalmente. I fiori occupano un posto centrale perché sono allo stesso tempo belli, deliziosi e benefici per la salute. Non sono mai solo decorativi: portano il giardino nel piatto e creano un dialogo sensoriale tra il commensale e la natura. Ogni fiore è un messaggio della terra: delicato, effimero e utile. Oltre alla loro poesia visiva, molte piante commestibili possiedono grandi virtù naturali. Le utilizzo non solo per il gusto, la forma o la consistenza, ma anche per la loro capacità di nutrire corpo e spirito. Penso, ad esempio, al fiore di finocchio: le sue ombrelle dorate, dolcemente zuccherine, possiedono straordinarie proprietà digestive.» Dopo il grande successo a Pretoria, perché ha scelto la Bretagna e il Castello dei Tesnières per aprire un nuovo capitolo della sua storia? «È stato un vero colpo di fulmine per me e la mia famiglia. Il Castello dei Tesnières è un luogo magico, immerso in una natura che ispira profondamente. Volevo venire in Francia per proseguire il mio percorso culinario nel paese sacro della gastronomia, e per crescere accanto a grandi chef che ammiro e che mi hanno influenzata, come Michel Bras, Alain Passard o Michel Guérard. C’è anche una ragione personale: la Francia è la terra dei miei antenati ugonotti e, ironia della sorte, erano bretoni. È quindi anche un omaggio alla mia storia familiare.» In che modo il castello e il suo ambiente influenzano la sua cucina? «Innanzitutto, per la bellezza dell’edificio stesso e dei suoi giardini sontuosi. Amo anche i boschi che circondano il parco, il profumo del muschio, la forza degli alberi… Madre Natura è la mia guida, la mia ragione di creare e di cucinare.» Nel 2017 è stata eletta Miglior Chef Donna del Mondo. Che cosa ha rappresentato per lei questo riconoscimento? «È stata una grande emozione e un motivo d'orgoglio. Essere una chef non è sempre facile: ci vuole pazienza per essere accettate in un ambiente ancora molto maschile. Questo premio è stato per me un riconoscimento del mio lavoro e della mia cucina, ma anche un segnale importante per il posto delle donne in cucina. Ci sono tantissime donne talentuose, spesso meno mediatiche dei colleghi uomini. Dedico questo riconoscimento a tutte le donne che lavorano ogni giorno dietro ai fornelli.» Il suo nuovo menu “Tabula Rasa” è presentato come una pagina bianca. -taglio2-È un modo per reinventarsi? «Sì, assolutamente. Sono venuta qui per rinascere, per cucinare in modo diverso. Ho iniziato incontrando i produttori locali e adattandomi al nuovo contesto: tutto cambia, dalla cultura ai gusti dei clienti. Ho conservato alcuni elementi del mio paese natale con il desiderio di farli scoprire ai francesi. Oggi la mia cucina è un dialogo tra le mie due patrie, il Sudafrica e la Francia, un incontro emozionante e molto personale. È una cucina fatta di ricordi e scoperte, intensamente viva.» Essere donna in un mondo ancora molto maschile: quali difficoltà ha incontrato e che messaggio vuole dare alle giovani cheffe? «Sì, è difficile. Bisogna sapersi far adottare e rispettare, ma con tanto lavoro e pazienza ci si riesce. Forse non è un caso se nella mia brigata la maggioranza è composta da donne. Il mio messaggio è semplice: credete nel vostro talento, lavorate con passione e determinazione. La cucina ha bisogno della sensibilità femminile.» La sua brigata sudafricana l’ha seguita in Francia. Cosa vi unisce così tanto e come coltiva questo spirito di squadra? «Ci unisce il rispetto e l’ascolto reciproco, ma soprattutto una visione condivisa della cucina. Negli anni abbiamo costruito qualcosa di profondo e significativo, più che una squadra, siamo una famiglia creativa. Il sogno del Castello dei Tesnières è anche il loro. È la continuità del Mosaic, ma in terra francese.» Quali ingredienti bretoni la ispirano di più e come dialogano con le sue radici sudafricane? «Amo le capesante, i pesci in generale e le ostriche. Queste ricchezze marine risuonano con quelle del mio Paese d’origine, anche in Sudafrica abbiamo un mare generoso, seppure diverso. La Bretagna e il Sudafrica hanno questo punto in comune: l’anima oceanica. La mia cucina diventa così un dialogo tra i due oceani: salato, vivo ed emozionante. E poi qui c’è un’incredibile varietà di verdure: funghi, acetosella selvatica, rucola, alghe straordinarie… Questa diversità e abbondanza dà nuova energia alla mia cucina.» Come sceglie i produttori con cui collabora? «Li scelgo spesso grazie al passaparola tra gli chef della regione. Devo dire che ho ricevuto un’accoglienza calorosissima, tutti mi hanno dato consigli e contatti preziosi. E poi, naturalmente, assaggio tutto! È l’unico modo per scegliere davvero.» La sua famiglia è coinvolta nel progetto. In che modo partecipa a questa avventura? « È un progetto di famiglia. Mia madre si occupa dei giardini insieme a mia sorella Marie-Louise, l’orto del castello è il loro “bambino”. Mio padre ha curato la collezione di vini, una cantina straordinaria con 85.000 bottiglie, di cui 25.000 conservate al castello. E mio cognato prepara il biltong, carne essiccata e marinata, una specialità tipica del Sudafrica. Ognuno di noi contribuisce con la propria passione.» In una frase, come descriverebbe l’esperienza che vuole offrire al Castello dei Tesnières? «Vorrei offrire un meraviglioso viaggio tra Sudafrica e Francia, attraverso l'arte, la gastronomia e il vino. Un invito a scoprire il mio universo e la mia passione per Madre Natura. Un momento di pausa, di sogno e di bellezza fuori dal tempo, nel cuore del castello.»





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