L’amore è una cosa bellissima. È come un vaso di finissima porcellana che posto in controluce fa intravedere lo sfondo.
Per sua natura è fragilissimo ma perché venga esaltato in tutta la sua bellezza non va riposto su un’alta mensola per evitare che cada ma, va maneggiato con cura tutti i giorni. È qualcosa di così nobile ed elevato che difficilmente si riesce a declinarlo in tutte le sue sfaccettature e facilmente lo si confonde con qualcos’altro: innamoramento, passione, dipendenza, bisogno, emozionalità, sessualità, spiritualità Tutte declinazioni che appartengono all’amore ma che da sole non lo circoscrivono. Ma l’amore fra due persone non vive su un’isola deserta ma si svolge in un contesto storico e culturale determinato. Una delle confusioni più frequenti che nella nostra epoca storica si fa intorno all’amore è di associarlo al matrimonio e/o alla convivenza. Almeno fino alla fine del settecento, in occidente, i matrimoni, di norma e in tutte le classi sociali, erano combinati dalle famiglie in base a strategie familiari di alleanze, di mercato, di potere, di conquista. -taglio- Anzi, l’amore, come passione dell’anima o come spesso veniva definito “mal d’amore”, era percepito come qualcosa di potenzialmente pericoloso per la stessa stabilità del legame matrimoniale. Solo recentemente, nella nostra storia, il matrimonio ha assunto la funzione di coronamento una storia d’amore ma allo stesso tempo ha subito tutta l’influenza del mercato commerciale trasformandosi in un vero e proprio business. Migliaia e migliaia di euro si spendono tra pranzi, fiori, fotografi, bomboniere, vestiti riducendo l’aspetto ritualistico stesso del matrimonio ad una farsa consumistica e stereotipata. La logica del mercato, ovvero far acquistare al consumatore merce anche se non ne ha bisogno, funziona al meglio quanto più riesce a rendere il consumatore poco consapevole. Così la gente si sposa, celebra eventi o commemora sacramenti, con scarsa o nulla consapevolezza di quello che sta facendo ma solo attratta dall’aspetto consumistico e festaiolo dell’evento. In Italia attualmente il 78% dei matrimoni si celebrano con rito religioso a fronte di una percentuale del 18% di fedeli che osservano i dettami della loro religione in altri aspetti. Ciò, al di là degli aspetti squisitamente religiosi, ci dà un chiaro segno di come frequentemente ci si sposa seguendo passivamente ciò che il consumismo, la tradizione, il conformismo e l’emozione del momento impone. Questa mancanza di consapevolezza, unita ad un profondo cambiamento dell’assetto sociale, determina che una sempre più alta percentuale di matrimoni ed in tempi sempre più rapidi, si conclude con una separazione. Entrare in un’aula di tribunale e seguire un processo per separazione giudiziale tra coniugi è un’esperienza che tutti i promessi sposi dovrebbero fare. In un clima di rancore dove ogni partner racconta le nefandezze, -taglio2- le ingiustizie, le angherie subite diventa veramente difficile immaginare quella stessa coppia un tempo unita ed innamorata giurarsi amore eterno davanti ad un sacerdote o al sindaco. La fine di una relazione di coppia sta nella difficoltà dei coniugi di coniugare fantasia e realtà. Ognuno, nella relazione di coppia porta con sé un autoinganno che sta nella propria personale fantasia “di come dovrebbe essere una relazione di coppia”, costruita su credenze personali e istanze sociali e culturali. Mentre, nella realtà, le cose non necessariamente devono corrispondere alle nostre fantasie. Per parallelismo si tratta di quello stesso fenomeno che ci porta ad immaginare con una certa precisione i luoghi quando ne leggiamo la descrizione in un libro, salvo poi andare sul posto e renderci conto che la realtà è diversa da quello che abbiamo fantasticato. Così come il luogo non ha nessuna colpa nel non collimare all’immagine di esso che avevamo costruito nella nostra mente, allo stesso modo il nostro partner e la relazione con esso non ha nessuna colpa nel non collimare con la nostra fantasia. Nelle storie di coppia in fase di separazione la frase più frequente che si ascolta è “non è come me l’ero immaginato/a”. Ciò ci introduce a tutta un’altra serie di considerazioni: una cosa sono le passioni dell’anima, belle, intense, esplosive, coinvolgenti, utili, mentre altra cosa è l’amore che per avere speranza di durare nel tempo deve essere consapevole, messo alla prova ogni giorno, superare ostacoli e soprattutto condividere un cammino. Come scriveva Zygmunt Bauman “le emozioni passano i sentimenti vanno coltivati”. Non c’è niente da fare, due individui si possono emozionare vicendevolmente in maniera intensa ma se uno vuole andare sulla luna ed uno su marte non vi è cammino comune che si può percorrere.