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Cantautore rap

di Laura Fiore

Numero 189 - Giugno 2018

Un artista in continua evoluzione che racconta il quotidiano in maniera sincera e soprattutto ironica, Jesto è tornato con un nuovo album


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Campione di battaglie di freestyle, Jesto ha da poco pubblicato il suo nuovo album: un disco molto politicizzato e interessato alla società, che va controcorrente rispetto al solito lavoro rap. Jesto è il figlio di Stefano Rosso, cantautore rivoluzionario della scena romana degli anni ’70, di cui ha preso in eredità il carattere e la poesia, nell’album “Buongiorno Italia” ha creato un incredibile mix tra quello che è il suo mondo musicale e quello del padre. Infatti, la rivoluzione di Jesto nel mondo rap è passare dall’IO al NOI, fondere le influenze derivate dall’hip hop e dalla black music con chitarre portanti. Un nuovo genere musicale che coniuga la tradizione della musica degli anni ’70 con quella attuale, un sound che non si limita a imitare le tendenze d’Oltreoceano.

È uscito il tuo disco “Buongiorno Italia”, qual è stato il lavoro fatto dietro la realizzazione di quest’album?

“Con ‘Buongiorno Italia’ sono passato in una nuova fase creativa e musicale; vengo dal rap e dalla trap più pura quindi non c’era mai stato bisogno di musicisti. Questo disco è un po’ un salto verso un nuovo periodo della mia carriera, mi sono approcciato ad un nuovo modus operandi della fase creativa di un disco ed è venuto fuori un mix totale a livello di sound. È stata una scoperta.”-taglio-

Si tratta quindi di un nuovo stile che, però, ha un’identità molto forte. Poiché si tratta di un melting pot di generi, come sei riuscito ad ottenere il perfetto equilibrio tra queste due “storie” musicali?

“Devo ammettere che covavo questo tipo di disco già dal mio lavoro precedente, avvertivo questa necessità e quindi ho iniziato ad accumulare ispirazioni ed idee. Inoltre, avendo alle spalle l’eredità di mio padre, ho dovuto aspettare che fossi sinceramente pronto, che non si trattasse quindi di un imposizione. Volevo fosse tutto spontaneo a livello umano ed artistico. Di solito mi annoio facilmente e quindi sono sempre in continua ricerca di nuovi stimoli, questa fusione tra musica anni ’70 e trap odierna era veramente un’impresa artistica e non è stato facile conciliare più generazioni nella fase creativa ma sono soddisfatto del risultato finale!”

Nei tuoi brani c’è una forte satira, basti pensare a pezzi come “La ballata della crisi” oppure “Master disoccupato”, come pensi si possa uscire da questo periodo?

“L’unica nota di speranza si trova nella conclusione del disco nel brano ‘Svegliami quando’, nel quale c’è uno spiraglio verso un futuro migliore, anche se si tratta di un sogno quindi non è poi così legato alla realtà. Non sono uno molto ottimista, da quando ero piccolo fino ad ora purtroppo non fa che peggiorare la situazione, un’evoluzione al contrario, tramite i media veniamo impoveriti spiritualmente. Le generazioni nuove sono ancora peggio, quindi non penso ci sia tanto da scherzare. Ovviamente, i miei brani sono prima di tutto una presa in giro a me stesso, sono io il primo disoccupato! La speranza che rappresento quindi non è sul piano sociale -taglio2- ma più umano, tra le persone ancora prima delle classi e del sociale.”

Hai citato prima tuo padre, che tipo di rapporto avete avuto e in che modo ti ha influenzato a livello musicale?

“Il nostro è stato sicuramente un rapporto difficile, perché per accettarlo ho aspettato fino all’ultimo. Non è facile capire nell’adolescenza una figura come la sua: artista-padre. Non è stato molto presente ed ha tamponato questa sua assenza con un’infinita eredità musicale. Se non fosse stato così travagliato il nostro rapporto, forse non sarei quello che sono adesso, quindi ne è valsa la pena.”

Hai in programma delle date live?

“Si, anche perché la dimensione live è la cosa che mi piace di più. Sono una persona molto poco mondana e quando mi esibisco dal vivo con le persone c’è uno scambio di energie fortissimo. I prossimi live saranno una novità perché avrò sul palco dei musicisti, è la prima volta per me!”

Sui social sei seguitissimo, cosa rispondi ai musicisti che condannano questo ormai affermatissimo mezzo di comunicazione?

“I social in realtà me li vivo malissimo, appartengo alla generazione di mezzo: tra quelli nati con lo smartphone e quelli che avevano il nokia 3330 al liceo. Il fatto di dover far sapere dove sei, e cosa fai, mi manda in paranoia quindi è necessario vivere i social in maniera creativa. Questi offrono tanti spunti a livello creativo, poco tempo fa ho fatto un video solo sulle storie di instagram. Quello con i social è un rapporto altalenante! Mi piace sfruttarli in favore di quello che voglio comunicare.”


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