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Attenti al lupo

di Livia Damiani

Numero 233 - Settembre 2022

“Attenti al lupo” – cantava Lucio Dalla, e di fatto nella vita i lupi ci si possono parare davanti, ma non hanno l’aria minacciosa degli animali fieri che vivono nei boschi, al contrario assumono le sembianze della nonnina, indifesa e buona, proprio come nella favola di Cappuccetto Rosso, dove la metafora del lupo è la rappresentanza del male che si può annidare in alcuni esseri umani


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“Attenti al lupo” – cantava Lucio Dalla, e di fatto nella vita i lupi ci si possono parare davanti, ma non hanno l’aria minacciosa degli animali fieri che vivono nei boschi, al contrario assumono le sembianze della nonnina, indifesa e buona, proprio come nella favola di Cappuccetto Rosso, dove la metafora del lupo è la rappresentanza del male che si può annidare in alcuni esseri umani. -taglio- Liberiamo, quindi, le farfalle chiuse nello stomaco e parliamo della genesi del mal d’amore. Infatti nel momento in cui entriamo in contatto con un narcisista patologico, abile stratega d’amore avvezzo a somministrare dosi ambivalenti di presenza e affettività, il già precario equilibrio ormonale alterato dall’attrazione che proviamo per l’amato, cortocircuita totalmente, facendoci precipitare nel baratro della dipendenza affettiva. Immaginiamo di essere di fronte all’uomo dei nostri sogni. Lui per noi è bellissimo. Ecco che nel nostro corpo avviene una vera rivoluzione di sensi, La feniletilamina, molecola responsabile della passione, fa sì che un brivido caldo ci attraversi il corpo, amplificando tutte le emozioni. L’interazione con la norepinefrina, poi, stimola la produzione di adrenalina: il cuore batte forte, le mani ci sudano. E cosa più importante quello che proviamo ci piace e ne vogliamo ancora. E’ questo il momento in cui siamo ormai persi nel nostro irrazionale e quindi preda facile per il Lupo umano, il narcisista manipolatore. “il primo periodo dell’innamoramento è sempre il più bello, poiché a ogni incontro, a ogni sguardo, si porta a casa qualcosa di nuovo per rallegrarsi” – scriveva Kierkegaard ed è quello che frega tutte le persone che si innamorano, inconsapevoli a chi stanno dando la loro fiducia; l’amore di fatto ci sta rincretinendo! Non siamo più in grado di ragionare e allora diciamo cose come “non mi riconosco più” o “questa non sono io” mentre, pur di incontrarlo, siamo pronte a venire incontro a tutti i suoi desideri, ci compriamo un vestito nuovo, ci mettiamo il tacco dodici, controlliamo continuamente Whatsapp in attesa di un suo messaggio. Ciò se abbiamo incontrato la persona giusta che ricambia i nostri sentimenti non è chiaramente una cosa negativa. Poi, quando ci incontriamo, la vicinanza fisica e il contatto (baci, carezze, abbracci, rapporti sessuali), grazie alla chimica, ovvero alla ossitocina che ci fa sentire bene e agisce sui centri della memoria, dimentichiamo i tormenti che abbiamo patito e continuiamo a comportarci da innamorate non lucide, ignorando tutti i segnali evidenti che la persona con cui stiamo non è la persona giusta, o meglio che non corrisponde minimamente il nostro amore, ma lo sfrutta soltanto. Di solito davanti ad una persona non sincera, una piccola parte del nostro cervello chiamata amigdala, ci direbbe: “Stai attenta, potrebbe essere un poco di buono!”, “Non mi convince, lascialo stare!” e invece anch’essa sembra essere andata in vacanza. E meno che mai ascoltiamo gli amici, che ci mettono sull’avviso che potremmo essere sulla strada sbagliata, per noi in quel momento sono solo fastidiose voci esterne, come gli insetti, perché siamo ormai perse in quello che gli inglesi chiamano Falling Love. Il proverbiale “entra ed esci” dalla relazione del narcisista, la somministrazione intermittente del legame (oggi ci sono, domani chissà)-taglio2-, il senso di precarietà sentimentale che trasmette ogni giorno con tutte le sue ambiguità ed incertezze sentimentali. La presenza intermittente del partner non ci permette di vivere serenamente, perché ogni volta che veniamo abbandonati, continuano ad attivarsi nel nostro cervello le stesse aree coinvolte nella fase dell’innamoramento. Stiamo male ma il cervello, ancora innamorato, non riesce a decodificare lo stimolo di dolore. Un dolore che diventerà intenso nel momento in cui ci rendiamo conto della nostra stupidità, ma soprattutto della assoluta mancanza di sentimenti dell’altro, il suo distacco, la sua indifferenza a tutto, vederci andare via, soprattutto se, confessando le nostre ansie, gli parliamo di un’altra persona che abbiamo intenzione di frequentare, appare palesemente per lui come una risoluzione di una evoluzione della storia che non aveva mai avuto intenzione di fare. E poco importa sapere che la donna che è stata con lui, uno..due..tre anni e più, sta con un altro, tanto lui è pronto a passare oltre, a guardare già un’altra preda, anzi essere riuscito a far sì che fosse l’altra innamorata a risolvere, gli fa tirare un gran respiro di sollievo, perché lui, il narcisista, l’aveva sempre vista come una piacevole distrazione e giammai come l’altra parte di una storia vissuta con comunione amorosa di intenti. A questo punto c’è il momento dell’elaborazione del lutto, che durerà secondo gli esperti da un minimo di otto mesi a circa un anno e mezzo. La sua mancanza farà tanto male, ci si sentirà come se il cuore fosse spezzato in due. Una sindrome riconosciuta anche in medicina come sindrome di Takotsubo. La nota positiva in tanto dolore è che il cervello ha ripreso a funzionare correttamente: adesso che non è più di fronte all’ennesima minaccia di abbandono, ma è di fronte all’evidenza dell’abbandono e quindi può riattivare la giusta razionalità, comprendendo di essere stato manipolato. Tornato il lume della ragione, finalmente l’illusione dell’uomo straordinario inizia a svanire, lasciando l’immagine più realistica di lui: abbiamo incontrato un narcisista, che ci ha risucchiato energia e vitalità, e che non è mai stato in grado d’amare nessuno. Il consiglio è di essere inizialmente vigili e far si che il proprio cervello e cuore non entri in contatto con i messaggi ambigui che il narcisista costantemente invia. Per quanto il nostro cervello risulti essere il risultato di 4 milioni di anni di evoluzione, infatti, niente può di fronte a una così elevata portata di tossicità se non difendersi, tenendosi alla larga e imparando a gestire i sentimenti, evitando di essere la Cappuccetto Rosso della situazione, perché se è vero “che al cuor non si comanda” è pur vero che ci sono individui che un cuore purtroppo non ce l’hanno e vivono di una precisa razionalità, diretta solo a soddisfare i propri bisogni, quando e come gli pare, dove l’altro non ha alcun valore. Anch’essi vittima forse di esperienze sbagliate, chissà, anch’essi forse bisognosi di aiuto, ma difficilmente prenderanno coscienza di ciò, e continueranno a sentirsi perfetti, superiori agli altri e soprattutto furbi.





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