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Anni ’80: Amarcord Italiano

di Lucia de Cristofaro

Numero 203 - Ottobre 2019

Chi oggi è alla soglia degli anni cinquanta o li ha oltrepassati, ricorda bene quegli anni. Uno stile di vita che ha segnato più di una generazione...


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Chi oggi è alla soglia degli anni cinquanta o li ha oltrepassati, ricorda bene quegli anni. Uno stile di vita che ha segnato più di una generazione. Dal Kobra di Donatella Rettore all'inno alla mamma di Edoardo Bennato, passando per i Boys Boys Boys di Sabrina Salerno, con a Roma i “Tozzi” e a Milano i “Paninari”. Un’epoca che oggi potrebbe essere identificata come quella dell’edonismo sociale e politico. Chiaramente chi quell’epoca l’ha vissuta con gli occhi dell’adolescenza, la ricorda con nostalgia, perché di sicuro tutto gli sembrava possibile, tutto aveva un futuro di speranza. Ma i giovani degli anni ’80: cosa facevamo? Cosa indossavamo? Come ci comportavamo? Iniziamo con il precisare che non esistevano i cellulari, né internet, ma solo il telefono di casa, che spesso poteva essere controllato dai genitori, perché la parola privacy era ancora molto poco conosciuta. Ad interpretare lo spirito dell’epoca, erano di certo i cosiddetti “Paninari”, da nome del bar milanese “Al Panino” -taglio- (Piazzetta Liberty), dove si radunavano inizialmente, per spostarsi, poi, al fast food “Burghy” di Piazza San Babila. Riconoscerli era facile, il loro look era inconfondibile: occhiali Ray-Ban, zainetto Invicta a righe, giaccone imbottito Moncler, stivali da cowboy Frey, etc, etc. A contrapporsi ai “ Paninari”,. C’erano i “Tozzi” romani, che si incontravano a Piazza Barberini, dove approdò il primo Burgher, rigorosamente indossavano: Levi’s 501 “calati”, scarpe Clark ,cintura con fibbiona El Charro, maglione della Marina Yachting o Paul & Shark etc, etc. Per vedere un film si noleggiava un VHS, non certo ad alta risoluzione; gli scatti fotografici erano pronti, se andava bene, dopo una settimana, perché il rullino doveva essere portato a sviluppare; per ascoltare la musica c’erano il walkman, e per gli itinerari automobilistici ci si doveva affidare alle carte toponomastiche o al Tuttocittà. Si comprava ancora l’abbigliamento su Postalmarket e in TV si seguivano le previsioni del tempo di Bernacca e il pubblico delle fiction si divideva tra Sandokan e i gialli con protagonisti: i tenenti Kojak e Colombo, con la “Signora in giallo”. Guardando indietro non si può fare a meno di sorridere per una quotidianità che ci appare semplicistica, ma questa era solo una delle faccia di una medaglia, che nel suo lato B, come nei quarantaciqnue giri, aveva il periodo forse più brutto di quelli che si ricorderanno, unitamente ad un altro decennio, come gli “Anni di piombo”. Gli anni ’80 iniziano, infatti, con uno dei purtroppo vari fatti di sangue che li caratterizzarono, ovvero il 2 agosto con la strage della stazione di Bologna (85 morti e 200 feriti); a gennaio dello stesso anno a Palermo era stato ucciso dalla Mafia il presidente della -taglio2- Regione Sicilia, Piersanti Mattarella; vengono a galla tutti i retroscena legati alla P2 di Licio Gelli. Il 3 settembre 1982: il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e un agente della scorta vennero uccisi di sera, a Palermo, mentre stanno tornando alla loro abitazione . 1983: questa volta è il terremoto a provocare 3.000 morti in Campania e Basilicata in quel tristemente noto 23 novembre e fu lo stesso Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, a denunciare il ritardo e la disorganizzazione degli aiuti. 1984: la Mafia il 23 dicembre organizza un attentato sul treno Napoli-Milano che provoca 15 morti e 130 feriti, contro le indagini della magistratura romana; sempre nel 1984 nella sede della rivista “I siciliani” veniva ucciso il giornalista Pippo Fava. E, purtroppo, l’elenco di tali fatti funesti potrebbe continuare. Un’Italia, dunque, che se da un lato sembrava spensierata, dall’altro affrontava la grave lotta al terrorismo e alla Mafia, con le sue vittime innocenti. Un ritorno, dunque, quello offertoci dalla moda e da qualche revival televisivo, che aprendo il cassetto non offre solo la giovinezza di alcuni, ma l’amarezza di aver dovuto condividere il periodo più bello della vita, con chi della vita non ha mai avuto, negli anni ’80, ma non solo, il minimo rispetto per la propria patria e per la vita di chi lavorava per essa, volendo a tutti i costi impadronirsi del destino e delle vite di tutti asservendoli al proprio dominio. Oggi, per fortuna di quegli anni serbiamo solo il ricordo e speriamo onestamente che per questa seconda “amara” faccia della medaglia non ritornino più, serbando nel cuore l’unica gioia di poter dire, “Io c’ero!”, nel novembre del 1989, quando le picconate di tanti abbatterono per sempre il muro di Berlino, retaggio di un’Europa da “Guerra fredda”.





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