logo-spettacolo

Anime tormentate

di Pasquale Di Palma

Numero 208 - Marzo 2020

Elio Germano protagonista del film “Volevo Nascondermi”, interpretando Ligabue fa suo il genio, il tormento, la profonda sofferenza interiore, del grande


albatros-anime-tormentate

Il film di Giorgio Diritti, con Elio Germano, nelle vesti di Ligabue, esce in sala in un momento difficile per tutto il nostro paese, a causa delle restrizioni dovute al Corona Virus, che sta condizionando la nostra vita, ma in Italia al Box Office, “Volevo nascondermi”, ha incassato già 116 mila euro .-taglio- Elio Germano, grazie alla sua magistrale interpretazione di Ligabue, ha vinto l’Orso d’argento come migliore attore al Festival del cinema di Berlino, la Berlinale, per il film Volevo nascondermi di Giorgio Diritti.( Rassegna seguita dal nostro magazine). A 40 anni l’attore, è al suo secondo importante premio internazionale, dopo quello come migliore attore al Festival di Cannes del 2010 per il film “La nostra vita”. Il Film biografico su Ligabue imprime sulla pellicola la vita del pittore, uno dei maestri e protagonisti fondamentali dell'arte contemporanea internazionale. Prima di parlarne con il pluripremiato Elio Germano, ripercorriamo in breve chi era Ligabue… “Antonio figlio di emigranti, dopo la morte della madre e varie vicissitudini, viene mandato a Gualtieri in Emilia, dove vive in estrema povertà, fino a quando lo scultore Mazzacurati lo indirizza allo sviluppo delle sue naturali doti di pittore.” Elio Germano ha interpretato in modo ineguagliabile la sua profonda sofferenza interiore. A partire da quel corpo che si nasconde sotto una corazza da cui fuoriesce uno sguardo diviso tra paura e curiosità. Il film del regista Diritti racconta una vita dolorosa, che dà luogo a un'arte dalla potente vivacità cromatica. Uno strumento per sfuggire alle sofferenze di una vita marchiata da disturbi mentali e derisione. Sulla tomba del pittore si legge: «Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all'ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore». Solitudine, dolore, libertà e amore. Sono i quattro 'solchi' che animano un film che forse solo due sensibilità come quelle di Diritti e Germano potevano saper fondere con partecipazione e rigore.

Fino a 4 ore di make up al giorno per trasformarsi nel pittore. Una trasformazione faticosa e incredibile…

“Senza tutto quel lavoro di fusione con il personaggio non avrei accettato. Trascorrere tanto tempo ogni giorno al make-up ha richiesto sacrificio, ma senza non sarebbe stato possibile per me interpretare Ligabue. Mi serviva una struttura per esprimere l’umanità, non il matto o il rachitico: non ho raccontato o recitato la sua deformità.”

Ligabue, una vita ai margini. Come l’ha vissuta nel suo ruolo di interprete?

“Era importante per tutti noi sul set non sentire Ligabue come un protagonista, perché era considerato uno scarto persino da chi se lo prendeva in casa per i sussidi". Lui, grande genio della pittura, era l’ultima comparsa nella vita delle persone attorno a lui. Era quello che dovevamo mettere in scena.”

Una interpretazione richiede sempre una preparazione, prima dell’inizio delle riprese. Lei come si è preparato?

“Attraverso gli estimatori dell’artista, i critici che lo hanno fatto conoscere al mondo, gli aneddoti della sua vita e trascritti dai biografi. Leggendo la grandezza dell’artista Ligabue mi sono sentito quasi in soggezione. Il mio avvicinamento a lui è stato quasi in punta di piedi, progressivo, passo dopo passo entrando nel suo mondo, in cui evocava spiriti e folletti per sconfiggere i demoni, sono diventato io stesso Ligabue.”

Ogni trasposizione cinematografica, ha un territorio di riferimento. Cosa ha rappresentato l’Emilia Romagna”, nel Film e nella vita di Ligabue?

“L’Emilia Romagna, è presente nei sui quadri, dalle piante sul fiume Po dove viveva alla vegetazione che a lui sembrava una giungla,-taglio2- in questa battaglia con i suoi animali esotici interiori, anche se non li aveva mai conosciuti.- Il tutto era abbracciato dalle montagne svizzere della sua infanzia, in un triplice livello di appartenenza nei ricordi. È il suo modo di raccontare presente e passato e di mostrare se stesso in quelle tensioni. Ed è stato il mondo in cui Giorgio Diritti ha caratterizzato il Film da regista.”

A chi dedicherebbe il film?

“A tutti gli “storti”, a tutti gli “sbagliati”, proprio perché “Volevo nascondermi” non è un ritratto pietistico, ma abbiamo voluto far emergere una ricchezza che rende dignitosa la parte più fragile dell’essere umano. Se riflettiamo, per Ligabue essere ricordato e ammirato ancora oggi, rispetto ai ricchi e potenti della sua epoca, è per lui una rivincita postuma.” Alla Berlinale incontriamo anche il regista Gorgio Diritti, al quale domandiamo…

Com’è nata l’idea di un film biografico su Ligabue?

"Stavo girando un altro film, alcuni anni fa, e c’è stata una situazione che mi ha fatto pensare a Ligabue. E’ iniziata ad avanzare dentro di me quasi una necessità e una curiosità verso quest’artista così singolare, particolare, affascinante nella sua determinazione e anche nella sua sofferenza".

Poi, cosa è accaduto? Ha letto e visto tanto, è andato sulla sua tomba. Par di capire che lei parli anche con Ligabue.

"E’ accaduto che Ligabue è entrato dentro di me, quasi come un amico con cui parlare. Ed è stato questo rapporto di autenticità con l’uomo Ligabue, che ha spianato la strada giusta per capire il cosa e il come. Questa autenticità non è data solo da elementi evidentemente spirituali, ma anche molto essere entrato nella sua vita attraverso ciò che di lui hanno raccontato chi lo aveva conosciuto, attraverso la scoperta della “sua terra”, i luoghi in cui lui aveva vissuto e che aveva rappresentato e che io ho ripercorso in un itinerario artistico emozionante.”

Elio Germano, la sua grande interpretazione, ce ne parla?

"Tra noi c’è stato un affidamento reciproco che è stato prezioso per il film. Naturale. Con un confronto e un trovarsi istintivo, senza dirsi troppo. Il momento in cui l’ho trovato straordinario nella scena in piazza a Gualtieri, lui in macchina con una donna in una sorta di corteggiamento e mi ha emozionato perché io ero nella macchina dietro e solo sentivo. Quando ho rivisto l’immagine ho capito il talento assoluto si esprime nelle piccole cose, nei dettagli, negli sguardi”.

Qual era il senso di comunità all’epoca di Ligabue?

“Ripercorrere la vita di Ligabue ci ha fatto ripensare ad un tempo in cui le relazioni sociali erano più autentiche, nelle comunità, nei paesi ma anche nelle città, i quartieri avevano questa bella dimensione di far sì che tutti si conoscevano, si frequentavano, c’era l’antipatico, il matto, il divertente, quello che voleva fare l’artista, quello che lo era, il timido e il depresso. Una vastità di persone che però erano in relazione. Un tempo queste comunità avevano anche la capacità di accogliere comunque il forestiero. C’era una dimensione anche di ironia e presa in giro ma in questo si dava un ruolo. Dobbiamo superare le nostre paure e avere il coraggio di stupirci sempre rispetto all’incontro con l’altro”.

L’esperienza di Berlino?

“La Berlinale mi sembra uno spazio ricco e attento alla sostanza, con una sobrietà per certi aspetti ‘ligabuiana’”





Booking.com

Booking.com