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Addio Kobe

di Adriano Fiore

Numero 207 - Febbraio 2020

Il ricordo e le parole del più grande giocatore dell’NBA, che ha iniziato la sua carriera nelle giovanili a Reggio Emilia e ha continuato ad amare l’Italia, rimasta nel suo cuore


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Risale al 26 gennaio la notizia che ha sconcertato e rattristato tutto il mondo del Basket. Il grande Kobe Bryant, re indiscusso della palla a canestro, era deceduto in un incidente aereo, sulle colline di Calabasas, insieme alla figlia Gianna di soli 13anni. -taglio- Un dolore che Vanessa, moglie di Kobe e mamma di Gianna (Gigi), ha condiviso con tutti coloro che hanno applaudito e amato il fuoriclasse dell’NBA sui social: "Il mio cervello rifiuta di accettare che se ne siano andati. È come se stessi cercando di elaborare la scomparsa di Kobe ma il mio corpo non riesce a capacitarsi che la mia Gigi non tornerà più da me. Mi sembra sbagliato. Perché dovrei svegliarmi un altro giorno dal momento che la mia bambina non può farlo? Mi sembra di impazzire, aveva così tanta vita da vivere. Non posso essere con Kobe e Gigi ma per fortuna posso contare su Natalia, Bianka e Capri. Prego per tutte le vittime di questa orribile tragedia. Per favore, continuate a pregare per tutti". Erano in ventimila allo Staples Center di Los Angeles a dare l’ultimo saluto, tra cui personalità del Basket italiano che con lui avevano condiviso un percorso della sua giovane vita in Italia, dove aveva vissuto la sua adolescenza, perché il papà, anche lui cestista, giocava a Reggio Emilia. Un’Italia che Kobe non aveva mai dimenticato, e dove tornava spesso a ritrovare gli amici e ricordare il suo inizio nel Basket. Già perché il suo esordio nelle giovanili, è stato proprio a Reggio Emilia. Nel suo discorso a Los Angel, Vanessa così ricorda Kobe e Gigi: “Era il marito più straordinario. Era amorevole e romantico. Sono stato la sua migliore amica, la sua prima ragazza, sua moglie, il suo grande amore. Prima di morire mi aveva mandato un ultimo messaggio e voleva che ci prendessimo un po' di tempo per noi, senza le bimbe, per stare assieme. Non ce l'abbiamo fatta. Ci siamo sempre bilanciati, io ero il fuoco, lui il ghiaccio. Ma a volte anche viceversa. Dio sapeva che Kobe e Gigi non avrebbero potuto stare su questa Terra uno lontano dall'altra. E così se li è portati in paradiso assieme". Tanti i suoi colleghi presenti: Da Steve Nash a Magic Johnson, passando dal suo allenatore Phil Jackson, Kareem Abdul-Jabbar e Magic Magic Johnson: tutto il gotha della pallacanestro NBA, presente per ricordare ancora una volta lo sfortunato amico cresciuto in Italia e diventato un grande giocatore di basket grazie anche ai suoi primi passi sui parquet di casa nostra. Figlio di Joe Bryant e nipote da parte di madre di Chubby Cox, entrambi ex giocatori di basket, Bryant è cresciuto cestisticamente in Italia, dove ha imparato i fondamentali europei, e ha disputato tutta la sua carriera professionistica nei Los Angeles Lakers, conquistando 5 titoli; è stato inoltre il primo giocatore NBA a militare nella stessa squadra per 20 anni. Con la Nazionale statunitense ha partecipato ai FIBA Americas Championship 2007 e ai giochi olimpici di Pechino 2008 e di Londra 2012, vincendo la medaglia d'oro in tutte e tre le manifestazioni. Il 4 marzo 2018 vinse il più ambito dei premi cinematografici, il Premio Oscar insieme al regista e animatore Glen Keane, nella categoria miglior cortometraggio d'animazione per Dear Basketball. Kobe Bryant è stato tra gli sportivi più conosciuti al mondo e la sua carriera è ritenuta una delle migliori nella storia dello sport professionistico. -taglio2- L’ultima volta che era stato in Italia era il 2016, passeggiando nella sua Reggio Emilia e intrattenendosi con amici e giornalisti, ai quali spiegava: “La prossima volta che torno in Italia con famiglia la prima cosa che farò è andare a Montecavolo dove ho vissuto da ragazzo insieme ai mii genitori. (Montecavolo è una frazione del comune di Quattro Castelli). Quando io cerco di spiegare ai miei amici americani di Los Angeles, la meravigliosa adolescenza che ho vissuto in Italia, insieme agli amici in piazza, mangiando un gelato, loro non riescono a capirlo. Tornare in Italia e rivedere i vecchi amici, con cui ho continuato a tenermi in contatto, è per me importante. Amo l’Italia e le persone, che da ragazzo mi hanno sempre sostenuto e dato amicizia.” Kobe ha poi continuato esprimendo il suo desiderio di sostenere la realizzazione di una scuola di Basket per giovani talenti italiani. Dalle sue parole si comprende che per lui l’Italia, Reggio Emilia, era un posto del cuore. Quando arrivò in via Emilia con papà Joe che faceva impazzire i tifosi dell’allora Cantine Riunite nella serie A dei canestri e lui bambino, divertiva gli spettatori del palasport con i suoi tiri e i suoi canestri nell’intervallo delle partite. Kobe visse tra Reggio e Montecavolo e qui ha lasciato una piccola parte del suo cuore. Tanto che i suoi blitz e le sue visite non si contavano più. Lui raccontava così la sua vita in Italia: “«La mia storia è cominciata da questa città. Andavo a scuola qui vicino. Il mio sogno è iniziato a Reggio e io sono la dimostrazione che tutti i sogni si possono realizzare. Spesso mi chiedono perché sono così legato a Reggio Emilia, ebbene, perché ho tantissimi ricordi speciali. Qui potevo girare in bici, andare a mangiare un gelato con i miei amici. Sensazioni bellissime. Quando stavamo arrivando, poco fa, ero in auto e dicevo, con i miei accompagnatori: avreste mai pensato che uno dei migliori giocatori della NBA potesse crescere qui? Non c’è niente di più lontano da Los Angeles. Vuol dire che ogni sogno è possibile». Andrea Menozzi, responsabile del settore giovanile della Pallacanestro Reggiana. Così lo ricorda: “Era molto determinato per lui la palla a canestro era una cosa seria, alla quale era importante impegnarsi e applicarsi e questo credo sia rimasto il tratto distintivo di tutta la sua carriera. A Reggio siamo particolarmente legati a Kobe perché abbiamo cresciuto la famiglia, il papà ha giocato da noi due anni, e lui è stato nelle nostre giovanili per due anni, le persone se lo ricordano. Tutti noi abbiamo visto un bambino che correva per il parterre mentre il papà giocava. Kobe è tornato a Reggio nel corso degli anni abbastanza regolarmente. È rimasto in contatto con i compagni di allora e loro non hanno mai approfittato dello loro amicizia con Kobe. Era un ragazzo di 12 anni bravo, più bravo degli altri, ma di qui a pensare che poi sarebbe diventato nel giro di soli 7 anni uno dei giocatori più forti del mondo onestamente dubito che qualcuno potesse pensarlo.”





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