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A modo mio

di Antonino Ianniello

Numero 221 - Giugno 2021

Ama tutti gli strumenti musicali ma impazzisce per il basso elettrico a sette corde. Da qui parte la poliedricità artistica di Roberto Pascucci


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Per i più può apparire strano che un bassista prediliga il sette corde al classico basso elettrico a quattro. Ma al grande Roberto Pascucci bassista e contrabbassista di enorme spessore musicale, piace così, e in quest’intervista siamo partiti proprio dalle ragioni di questa sua scelta. Qualche giorno fa ho ricevuto una sua demo in cui lo usava,-taglio- arrangiando un bellissimo brano dell’intramontabile e mitico Astor Piazzolla: ‘Milonga del Angel’. Una sua personale versione, davvero perfetta che - però - mi ha fatto capire come Pascucci ami fondamentalmente la chitarra ed il basso elettrico fusi insieme in un unico strumento. Del resto ognuno ha una propria visione del jazz, così come ‘deve’ venir fuori la personalità dall’artista sia rock che fusion, pop o tutto il resto. Così come tutti gli altri musicisti, anche l’artista ascolano ha il suo modo d’interpretare e di comporre musica. Certo che di questi tempi, con l’Italia a colori mutevoli, in un momento di restrizioni e (forse) di cattiva gestione … non è poi tanto facile riuscire ad incontrare musicisti e poter discutere con loro. È senza dubbio un momento difficile per l’arte e per lo spettacolo in generale. Questo è un fatto. Esistono, fortunatamente però, mezzi che la tecnologia ci mette a disposizione e che riducono a zero le distanze. Ed ecco che dall’altro lato del tuo computer appare l’artista di turno. È così che ho avuto la possibilità di parlare con il bassista, amico tra l’altro di Gianfranco Continenza, dei fratelli Deidda, di Carla Marciano e della scuola salernitana, il mondo è piccolo. Roberto Pascucci, come detto, ama tutti i tipi di musica pur avendo la sua visione del jazz. Il bassista marchigiano è molto attratto dai grandi progressi del jazz salernitano che quello di matrice napoletana (Antonio Onorato, Pippo Matino, James Senese eccetera). Classe 1968, si trasferisce a Roma e lì inizia a capire come suonare la chitarra. È, poi, magicamente attratto dal suono del basso elettrico sin dall’adolescenza. «All’epoca, ricorda Pascucci, il basso mi procurava le farfalle nello stomaco ed ogni sua nota mi rimbombava dentro … fino a sentirla nelle ossa». Un amore, dunque, nato nel tempo dell’adolescenza. Subito dopo il liceo, Roberto ha iniziato a studiare seriamente il contrabbasso, con nomi altisonanti: a Macerata con Stefano Scodanibbio, a Pesaro con Alfredo Trebbi ed a Roma con il grande Massimo Moriconi. Ha collaborato con vari musicisti dell’orbita Jazz, Fusion e Pop, non disdegnando altri generi musicali. Paolo Fresu, Renato Sellani, Flavio Boltro, Massimo Manzi, Tiziana Ghiglioni, Mike Turk, Frank Gambale, Paul Gilbert, Mogol, Paola & Chiara, Neri Marcoré. Nel 2008 mette in piedi il suo trio: ‘Milk’, con il gruppo incide due dischi ‘Milk’ nel 2011 per ‘Philology’ e l’ultimo - uscito lo scorso 2020 – ‘Drink Jazz, listen to milk!’ per la ‘CatSound’). Appare in diverse manifestazioni e festival, in Italia e all’estero. Nel frattempo trova anche il tempo per collaborare con il mensile specializzato “Guitar Club”. Attualmente è il Responsabile Didattico nazionale per il Dipartimento di Basso - Contrabbasso Jazz/Fusion del Modern Music Institute, -taglio2- che è tra i più grandi network di didattica italiano. Pascucci è tra l’altro, arrangiatore e Produttore Artistico del cantautore Riccardo Bonvicini che dal rock è passato al jazz. Parlaci del Trio e della discografia con i Milk «Il trio “Milk.”nasce a Cremona, dove ho vissuto fino al 2015, con l’intento di proporre le mie composizioni. A tale scopo ho chiamato due validi musicisti: l’anconetano Gabriele Petetti al piano e il veronese Ricky Turco, entrambi artisti sensibili e valenti didatti. La musica che compongo ed arrangio è un jazz sicuramente meticcio ed eterogeneo, elettroacustico, pieno di suggestioni e aperto a riferimenti molto vari: dalla Fusion al Pop-Rock alla Musica elettronica e contemporanea. Per quanto riguarda il nome… devo dire che ne volevo uno corto ed internazionale. Il fatto che io vada di matto per il latte ha poi chiuso il cerchio. Da notare il fatto che ci esibiamo sempre e soltanto vestiti completamente di bianco.» Cosa e chi ti ha ispirato in maniera rilevante? «Le influenze sono molteplici: ascoltatore onnivoro, mi considero uomo del mio tempo, e quindi volente o nolente devo fare i conti con tanti ascolti diversi: dall’hard Rock dei Kiss ai cantautori italiani , da Nick Drake e Joe Jackson al pop rock da classifica, dalla Disco music alla techno-house, dal Rap all’elettronica, dalla Classica alla Contemporanea, dalla musica brasiliana ai jingles pubblicitari alle sigle dei programmi tv ... oltre chiaramente all’intera storia del Jazz, dal Dixieland all’M-Base (considerato dai più, erroneamente, uno stile musicale e questo non è vero. L’M-Base è un modo di pensare alla creazione della musica e non la musica stessa ed è la crescita attraverso la creatività - n.d.r.) passando per Ornette Coleman e Mingus ... Il riferimento al Trio, passa da Bill Evans, transitando per Jarrett e Corea per arrivare ad Esbjorn Svensson, Brad Mehldau, Bad Plus, Iiro Rantala e le ultimissime derivazioni.» Perché un basso a sette corde? «Prediligo i bassi multicorda perché hanno un range maggiore e quindi maggiori risorse e possibilità timbriche e coloristiche ... oltretutto amo anche gli accordi, e la possibilità di fraseggi tipo strumenti a fiato, per cui con tali strumenti si riesce maggiormente ad avvicinarsi a quelle frequenze; ovviamente amo altresì le frequenze molto basse.» Questo periodo di pandemia cosa ti ha visto realizzare o perfezionare? «In questo doloroso stop forzato causa pandemia ho studiato, scritto ed arrangiato molto; mi sono poi potuto fortunatamente dedicare all’insegnamento, altra mia passione. Sto scrivendo un mio metodo per lo studio del basso elettrico in ambito jazz/fusion ... vediamo un po’ che succede.»





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