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Stereotipi, il mondo della superficialità

di Lucia de Cristofaro

Numero 177 - Maggio 2017

Stereotipi e pregiudizi, due facce di uno stesso modo di fare, ovvero l’essere superficiali. Infatti uno stereotipo non è altro che la visione semplificata e largamente condivisa su un luogo, un oggetto, un avvenimento o un gruppo riconoscibile di persone accomunate da certe caratteristiche.


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Si tratta di un concetto astratto e schematico, che può avere vari significati che non sempre sono negativi, ma che di fatto etichettano un modo di essere o una appartenenza culturale. Approfondire il concetto di stereotipo può aprire un mondo, dove tanta letteratura di satira, di comicità, ha attinto per operare denuncie sociali, con battute e caricature volte a sottolineare l’arretratezza e le caratteristiche di modi di fare che risalgono ad una storia popolare e spesso folcloristica, la quale appartiene ad ogni abitante del pianeta terra, indipendentemente dalla latitudine e longitudine della sua nazione di provenienza. -taglio- C’è poi chi si serve proprio degli stereotipi per condizionare scelte politiche, ovvero votazioni solo apparentemente libere e democratiche, in quanto una deliberata strategia politica può usare clichè culturali per condizionare gli elettori, senza che questi ne fossero di fatto consapevole. Dovremmo quindi imparare a non fidarci di chi usa generalizzare dicendoci ciò che ci fa sembrare migliori di altri, immuni dai difetti e di cui, cosa più grave, nemmeno ci accorgiamo più, tanto si sono insinuati nel nostro substrato sociale e culturale. Il vero problema sono di fatto i processi cognitivi ed il loro funzionamento, come ad esempio la memoria negativa (il ricordo di stereotipi negativi riguardanti i gruppi estranei, che si mantengono nel tempo e rinforzano la valutazione negativa), oppure la correlazione ingannevole (secondo cui si tende a mantenere una correlazione tra più termini, come italiano e pigrizia, anche se tale correlazione non risulta surrogata da prove valide ed oltre qualunque informazione che la invalidi). A questo punto è opportuno chiedersi come contrastare tutto ciò e se tale operazione sia possibile o perdente in partenza. Una strada da percorrere è di certo quella del cambiamento culturale radicale, grazie ad una attenta e continua strategia educativa attraverso modelli del tipo: - modello della contabilità: attraverso una conoscenza personale di -taglio2- situazioni che vanno a modificare o a non provare l'esistenza dello stereotipo. (Un esempio: conosco molte bionde e vi assicuro che non sono tutte stupide, in questo caso il mio pregiudizio è sbagliato), - modello di conversione: quando avviene un unico improvviso modo in seguito ad un'unica informazione convincente che contraddice lo stereotipo: ho diverse amiche che sanno guidare un'auto e conosco molti ragazzi che hanno fatto più incidenti di me, giusto per fare qualche esempio. Cancellare una mentalità stereotipizzata è dunque possibile se iniziamo a conoscerci concretamente l’un l’altro, come già teorizzavano diversi filosofi e psicologi nel XX secolo, in modo da allontanare dalla nostra mente i luoghi comuni, gli atteggiamenti che ci hanno accompagnato lungo il corso della storia personale e collettiva, iniziando a prendere le distanze da parametri di una obsoleta consuetudine tendente a giudicare gli altri, evitando accuratamente di autovalutare se stessi. Se iniziamo a considerare che restare ancorati a standard discriminatori di pensiero può essere un disagio per gli altri, allora, forse, stiamo muovendo il primo passo verso un cambiamento non solo possibile, ma necessario e indispensabile per la crescita di una umanità che guarda al futuro.





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