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Save the planet

di Fabrizio Grieco

Permettere la sopravvivenza di alcune particolari razze animali è, oggi giorno, una missione sempre più complicata, e la tartaruga Caretta Caretta è una di queste. Come possiamo salvarla?


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La Caretta Caretta è una tartaruga marina che nuota in tutti gli oceani del mondo, ed è anche la tartaruga più comune nel Mar Mediterraneo. Appartenente alla famiglia delle Cheloniidae, pare che abbia fatto la sua comparsa sulla terra oltre 40 milioni di anni fa, sopravvivendo a glaciazioni ed estinzioni di massa. Questi fossili viventi sono arrivati ai giorni nostri fluttuando leggiadri negli oceani durante la loro continua migrazione attraverso le correnti marine più calde. Oggi purtroppo, specialmente nel Mediterraneo, ma anche in quasi tutti gli altri mari, la Caretta è in via di estinzione e non è la sola! Una nuova estinzione di massa, questa volta non dovuta a cause naturali, colpisce tutti gli animali selvatici marini e terrestri a causa della crescita incontrollata dell’urbanizzazione umana. La situazione sta degenerando rapidamente in tutto il mondo, nessun posto escluso. Ciò che non viene cacciato per il consumo alimentare viene ucciso per divertimento o semplicemente danneggiato senza scrupolo nella logica unica e distruttiva del profitto che alcuni si ostinano a chiamare progresso. Minacciata da molteplici nuovi pericoli creati dalla brutale espansione della “civiltà”, incluse le eliche dei natanti da diporto, le reti dei pescatori, l’inquinamento chimico e luminoso, ed il riscaldamento globale, la povera Caretta Caretta non sembra destinata a sopravvivere in questo secolo. Nel tentativo di invertire questo processo, sono nate in tutto il mondo associazioni di volontariato con lo scopo di proteggere questa tartaruga dall’ estinzione prossima ventura. Una di queste è la “Archelon”: l’associazione greca per la protezione delle tartarughe marine, cui ho aderito alcuni anni fa come volontario vivendo un’ emozionante esperienza. -taglio- Dotata di una buona macchina organizzativa la “Archelon” arruola volontari in tutto il mondo per gestire l’ospedale delle tartarughe aperto già nel lontano 1994 a Glyfada, oltre ai vari campi di volontariato sull’isola di Zante, a Kiparyssia, a Lakonikos nel Peloponneso, a Chania e Messara sull’isola di Creta e cosi via. La tartaruga caretta caretta ha la bizzarra abitudine di tornare a nidificare sulla spiaggia dove è nata o nelle immediate vicinanze, dopo aver vagato in mare per oltre vent’anni fino a raggiungere l’età adulta. E così, la femmina fecondata risale il bagnasciuga, scava una grossa buca nella sabbia con le pinne anteriori e depone circa cento uova grandi e bianche come palline da ping pong. Purtroppo la mortalità alla nascita supera il 95% e, quindi, lo scopo dei volontari è semplice: non potendo proteggere in mare gli esemplari adulti, cercano di aumentare la percentuale di sopravvivenza alla nascita in modo da avere più tartarughe in circolazione. -taglio2- Questi ragazzi passano mesi nei campi di volontariato con turni talvolta massacranti di pattugliamento diurno e notturno. Monitorano ogni nido, apponendo su di esso una rete per proteggerlo dalla predazione di cani e gatti, segnalandolo ai bagnanti e schermando le luci non naturali che disturberebbero il piccolo appena uscito dall’uovo nella sua prima corsa verso l’acqua. Sì, perché la tartarughina appena nata è una specie di piccolo robot biologico. Subito dopo la schiusa inizia a scavare per uscire dalla sabbia, e scava anche per due giorni fino a che non riesce ad uscire dal nido durante la notte (a volte spuntano di giorno in mezzo ai bagnanti ma è raro). A questo punto il suo piccolo cervello è programmato per trovare la fonte più luminosa in un arco di 15 gradi sull’orizzonte notturno: il mare. E a quel punto si tuffa nel proprio elemento naturale iniziando a nuotare in acque misteriose per un lungo “periodo buio” di cui conosciamo ancora molto poco, per poi riapparire vicino alle coste per la riproduzione, e ricominciare il ciclo della vita.





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