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Ritardatari si nasce o si diventa?

di Lucia de Cristofaro

Numero 186 - Marzo 2018

“Agli appuntamenti sono immancabilmente in ritardo, a volte anche di due ore. Ho provato a cambiare questi miei modi, ma i motivi che mi fanno ritardare sono troppo forti e troppo piacevoli.”


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“Agli appuntamenti sono immancabilmente in ritardo, a volte anche di due ore. Ho provato a cambiare questi miei modi, ma i motivi che mi fanno ritardare sono troppo forti e troppo piacevoli.”, così Marilyn Monroe l’icona femminile di tutti i tempi giustificava i suoi ritardi, ma tranne la scerzosità delle scuse che ogni ritardatario cronico riesce a proporre a chi lo ha aspettato, la domanda dovrebbe essere: “Perché non riesco ad essere mai in orario?” A questo punto di dipanano due scuole di pensiero: quella che identifica il ritardo cronico come un fattore medico e quella che invece adduce lo stesso a semplice consuetudine sociale. Chi ha ragione? Ai lettori “ardua sentenza”. Secondo gli specialisti, chi è affetto dal disturbo da ritardo cronico è clinicamente impossibilitato ad essere puntuale perché, a causa di un deficit di attenzione e di un mix di sintomi quali: la letargia e confusione mentale, non riesce ad organizzare i propri impegni in maniera ottimale ed efficiente, quindi non sarebbe colpa sua. Emblematica è la storia di Jim Dunbar, riportata su varie riviste scientifiche, al quale, dopo aver passato una vita intera sempre di corsa senza mai, ma proprio mai, essere riuscito ad arrivare puntuale ad un appuntamento ( dal matrimonio al funerale), ormai rassegnato alla sua incapacità di gestire i propri tempi è stato diagnosticato un disturbo da ritardo cronico (chronical lateness). -taglio- La causa di ciò è da ricercarsi in un deficit di attenzione e un mix di sintomi quali letargia e confusione mentale, sottolineando che i motivi del ritardo cronico sono inconsci. La tesi che sostiene la motivazione sociale, invece, asserisce che alla base del ritardo, nel momento in cui esso si cronicizza, c’è il bisogno di trasgredire, di disobbedire a ciò che si considera una costrizione da sfidare e mettere alla prova. Il ritardo, quindi, come ribellione al senso di soffocamento della quotidianità e un difficile rapporto con l’autorità, un bisogno di esprimere, inconsciamente, disobbedienza, rivolto in modo specifico a qualcuno o a qualche cosa che si avverte opprimente. Seguendo il pensiero freudiano si può affermare che il ritardatario cronico per evitare la costrizione di obbedire, contesta il tempo, ovvero la puntualità, diventando un tutt’uno con la disobbedienza automatica, che sfocia nel puntuale ritardo. E' come se volesse sempre farsi attendere in modo egocentrico, pensando…”Se tu mi aspetti, vuol dire che mi vuoi bene! Se vengo puntuale vuol dire che sono sottomesso e dipendente da te, e non saprò mai quanto valgo per te.” A questo punto dobbiamo chiederci, se indipendentemente dalla natura del nostro ritardo: medico, ambientale o psicologico, esso si può correggere. Considerato il fatto che tutti comunque concordano che è un fattore inconscio a scatenare il ritardo, si dovrebbe andare a ricercarne la causa nell’infanzia/adolescenza, un periodo in cui si -taglio2- formano le abitudini che poi condizioneranno per sempre la nostra vita, dove si definiscono quegli atteggiamenti di protagonismo, egocentrismo, di sfida e di competizione, che sicuramente un percorso terapeutico potrà aiutare per ridurre il ritardo. Ma ciò che è importante nell’immediato è come fronteggiare un ritardatario cronico. Di sicuro è inutile fare il braccio di ferro, meglio far finta di niente, per evitare che egli provi soddisfazione dal suo modo di fare, inutile mostrarci adirati, non faremmo altro che gonfiare il suo egocentrismo. Consigliare al nostro amico/a in ritardo: di non sottostimare il tempo necessario a compiere un’azione; di evitare di fare più cose contemporaneamente e pensare di poterle fare tutte bene, essere multitasking non è da tutti; di cancellare il pensiero: “Ce la posso fare comunque…”; ma tutto ciò è inevitabilmente legato alle abitudini di noi bambini, quando da caos passiamo al cronos, un passaggio spesso sottovalutato da genitori e docenti. Cosa fare allora con il nostro ritardatario cronico? Accettarlo così com’è, eventualmente adeguarsi a lui anticipando l’orario dell’appuntamento, del tempo che sappiamo lui spenderà per il ritardo, e presentarci allo stesso orario, nonché far sì che i bambini a noi affidati il passaggio al cronos, lo vivino in modo consapevole, imparando a concentrarsi su una attività per volta, perché non sempre il “pluriagire” è sintomo di abilità sociale.





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