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Musica da riscoprire

di Umberto Garberini

Numero 183 - Dicembre 2017

Da un capolavoro sconosciuto del barocco napoletano, fin ad arrivare al grande repertorio classico


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Non poteva esserci festeggiamento migliore che presentare in prima esecuzione moderna un nuovo gioiello del barocco musicale napoletano: è accaduto alla Domus Ars a Napoli, quale evento inaugurale della seconda edizione del festival “Sicut Sagittae”, nella ricorrenza del trentesimo anno di fervida attività dell’ensemble Cappella Neapolitana (ex Pietà de’ Turchini) e del suo direttore Antonio Florio. Gemma preziosa è l’oratorio “Lo Santos Niños” di Donato Ricchezza (1648-1716), opera e autore ignoti, che ritornavano a vibrare dopo oltre tre secoli di silenzio e oblio. La meraviglia non finisce qui, se si considera la sconvolgente bellezza musicale che inondava e riempiva lo spirito di stupore, incredulità e ammirazione: una rappresentazione viva e palpitante dell’eterna lotta fra il bene e il male. Composto nel 1683 da un maestro che fu violinista e prete dell’ordine dei Girolamini a Napoli, l’oratorio è dedicato ai Santi Giusto e Pastore, fratellini martirizzati in Spagna alla tenera età di 7 e 9 anni durante la persecuzione di Diocleziano - presumibile omaggio al nuovo viceré spagnolo, il Marchese del Carpio, colui che chiamerà a Napoli il grande Alessandro Scarlatti. Netto il contrasto fra il dinamismo e il vigore delle due voci maschili - personificazione di un soldato romano e del governatore Daciano - e l’innocenza, la grazia, la purezza sublime delle voci femminili, che interpretavano i due santi bambini. Dal dissidio di questo intimo dualismo prendeva le mosse una drammaturgia fitta e concitata, ricalcata a mo’ di exemplum edificante su un testo anonimo ma poeticamente ispirato. -taglio- Una vicenda tragica ed emblematica, rievocata con un realismo pungente e impietoso: il disarmante candore infantile, l’indifferenza e la brutalità di una legge superba e vile, ma che nulla può di fronte alla libertà della fede e alla giustizia divina. Pathos sonoro e ampie arcate contrappuntistiche si alternavano con avvincente rigore filologico e formale, fino a trasfigurarsi in una dimensione lirica e trascendente, come nell’afflato di una preghiera o un’estasi mistica. Fondamentale il ruolo vocale e narrativo dei solisti Marta Fumagalli, Federica Paglica, Luca Cervoni e Giuseppe Naviglio, mirabilmente espressivi, affiatati e coesi a un’agilissima compagine concertante, sotto la guida eminente di Florio: l’esecuzione è già disponibile in un cd pubblicato dall’etichetta Glossa. Nel bis un altro inedito del medesimo autore: la “Passacaglia dell’acqua” (tratta dall’oratorio “La gara dei quattro elementi”), con la sua struggente e vaga malinconica di nenia irreale e senza tempo. Contestualmente ha preso il via la stagione concertistica dell’Associazione Alessandro Scarlatti presso il Teatro Sannazaro, con la partecipazione della violinista Isabelle Faust e dell’ensemble Il Giardino Armonico diretto da Giovanni Antonini. Occasione imperdibile per ascoltare e verificare dal vivo il recente successo discografico -taglio2- (premio Gramophone 2017) dell’integrale dei cinque Concerti per violino di Mozart, nonché saggiare il work in progress del monumentale progetto di incisione delle oltre cento sinfonie di Haydn. In programma erano accostati il primo e l’ultimo dei concerti mozartiani, tutti composti incredibilmente nel giro di pochi mesi nel 1775 a Salisburgo, ennesima manifestazione di un genio prodigioso, all’epoca diciannovenne. Da uno stile galante e compassato, prendeva via via il sopravvento una freschezza e originalità che soppiantava tendenze e forme convenzionali, fino a “turcherie” come nel Rondò K. 219 con colpi d’arco rovesciati di puro effetto onomatopeico e percussivo, in uno spettacolare antagonismo fra solista e orchestra. A dispetto del luogo comune, le stesse sinfonie haydniane suscitavano altrettanto entusiasmo - complice la bravura e l’estro ineguagliabile degli interpreti - per il meraviglioso equilibrio, l’ironia e la libertà espressiva, con titoli accattivanti come “Il Palindromo” e “La Passione”: congegni ad orologeria, di precisione assoluta, che con leggerezza e incanto tradiscono un’umanità fine e delicata, ricca di slanci, nobile e fiduciosa in una ragione di tutte le cose.





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