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Migrante Moderno

di Maresa Galli

Al Teatro San Carlo di Napoli va in scena l’Otello, opera rossiniana fra le più appassionanti di tutta la tradizione lirica


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“Otello ossia Il Moro di Venezia” di Gioachino Rossini torna al Teatro San Carlo dopo un secolo e mezzo, con un cast stellare: il regista Amos Gitai, Dante Ferretti per le scene, Gabriella Pescucci per i costumi, Gabriele Ferro sul podio. Ottimi gli interpreti rossiniani John Osborne, Nino Machaidze, Dmitry Korchak e Juan Francisco Gatell. Amos Gitai, alla sua prima regia lirica, fa tesoro dell’esperienza cinematografica attualizzando la storia con proiezioni di sequenze da lui girate con barconi di emigranti. Scorrono didascalie con testi che citano “Domande di un lettore operaio” di Brecht e immagini, proiettate su veli di tulle, che mostrano sbarchi di immigrati, “A ricordare – spiega il regista – la devastazione dei conflitti del Medio Oriente. Basti pensare a ‘Kippur’, pellicola presentata al Festival di Cannes nel 2000, che trae spunto da quanto ho vissuto personalmente nel 1973, proprio durante la guerra del Kippur. Otello ci racconta la sofferenza di chi è costretto a migrare, una metonimia a descrivere dolorosi flussi migratori verso le grandi metropoli.” Con Otello il regista crea idealmente un ponte tra il 1816 e il 2016. -taglio- L’opera, la seconda del periodo napoletano di Rossini (1815 - 1822), attinge solo in parte alla tragedia di Shakespeare, mentre evidente è il richiamo a “Othello, ou Le more de Venise”, di Jean François Ducis del 1792, e ad un balletto “Otello ossia il Moro di Venezia”, per la musica di Wenzel Roberto Gallenberg, rappresentato al San Carlo nel 1807. È scritta nel 1816 per Napoli, dove Rossini si avvale dei migliori cantanti del tempo, sperimentando soluzioni drammaturgiche per l’epoca rivoluzionarie. Non va in scena al San Carlo, distrutto da un incendio nel febbraio dello stesso anno, ma al Teatro del Fondo, l’attuale Mercadante. Nel 1817 torna in cartellone al Lirico, rapidamente ricostruito, con un nuovo interprete d’eccezione: Manuel García. Al San Carlo, Otello torna in ventidue edizioni differenti, fino al 1867. “Otello ossia il Moro di Venezia”, opera di Rossini su libretto del marchese Francesco Berio di Salsa, inaugura la Stagione lirica e di balletto 2016-2017 del San Carlo. Misurata, sapiente la direzione di Gabriele Ferro che guida orchestra e coro del Teatro. Il Maestro, di casa a Napoli, ha diretto l’orchestra sistemata in buca con la pedana sollevata, come all’epoca di Rossini. “Gabriele Ferro – spiega Paolo Pinamonti, direttore artistico del Lirico - è un direttore di raffinatissima sensibilità musicale, che può apportare ad una partitura ricca e complessa come l’Otello. La sua dimestichezza è una garanzia anche in termini di prassi esecutiva e di organici.” L’opera affascina il pubblico e lo seduce con magnifiche voci che mostrano grande agilità, espressività, estensione e sovracuti richiesti dalla partitura ros--taglio2-siniana. A lungo applauditi John Osborne (Otello), Juan Francisco Gatell (Jago) e Dmitry Korchak (Rodrigo), Enrico Iviglia (il gondoliere/Lucio) che ha cantato la sua breve aria finale su versi di Dante. Magnifico il tenore americano Osborne, che interpreta un ruolo vocalmente estremo che spazia dai toni gravi agli acuti fino al “re” naturale. Spicca la bravura del soprano Nino Machaidze, perfetta e passionale Desdemona dalla voce estesa, calda e duttile, capace di rendere il personaggio forte e fragile. Bravi anche Gaia Petrone (Emilia), Mirco Palazzi (Elmiro), Nicola Pamio (Doge), il coro diretto da Marco Faelli. Le scene sono superbe, come è nello stile del Premio Oscar Ferretti, con l’ambientazione nel ventre ligneo di un bastimento e i saloni di un palazzo veneziano. “Ho costruito una scenografia tradizionale – spiega Ferretti – ma con una buona dose di contemporaneità. Abbiamo ricreato le atmosfere dei primi dell’Ottocento, quando Rossini compose l’opera. L’azione si sposta dall’interno di una nave della metà dell’Ottocento a due palazzi di Venezia, in stile naturalistico e imponente. Gli arredi antichi si sposano con elementi innovativi. Per la prima volta ho affidato la costruzione delle scene al San Carlo; sono contento di come hanno lavorato i Laboratori di scenografia del Teatro, diretti da Pasqualino Marino”. I costumi, a cura di Gabriella Pescucci, puntano sul colore per sottolineare le passioni tragiche che agitano i protagonisti. Nel foyer del Teatro, campeggia una scultura di Rossini realizzata da Marcos Marin.





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