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Lorenzo Mattotti

di Joanna Irena Wrobel

Numero 188 - Maggio 2018

Un disegnatore formidabile e innovativo, un audace maestro del colore, fumettista rivoluzionario e illustratore imprevedibile, Lorenzo Mattotti (Brescia, 1954) vive e lavora a Parigi.


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Un disegnatore formidabile e innovativo, un audace maestro del colore, fumettista rivoluzionario e illustratore imprevedibile, Lorenzo Mattotti (Brescia, 1954) vive e lavora a Parigi. Figlio di un ufficiale dell’esercito, trascorre la sua infanzia spostandosi di città in città, a causa dei trasferimenti continui del padre. Frequenta la Facoltà di Architettura a Venezia. Nel 1975 pubblica i suoi primi fumetti sulle testate francesi e in seguito, esordisce in Italia sulla rivista “King Kong”. L’arte di Lorenzo Mattotti spazia e sconfina in più diversi ambiti delle arti visive. Negli anni, il suo lavoro e la incessante ricerca stilista ed artistica, si evolvono secondo una costante di grande coerenza, ma nel segno ecclettico di chi sceglie sempre di sperimentare percorsi inesplorati. Nel 1978 con Jacopo Fo crea la rivista underground “Macondolore Macondolcezza” e nel 1983 fonda con altri artisti il collettivo” Valvoline”. Le “strisce” ideate da Lorenzo Mattotti sono un ritorno alla dimensione primigenia dell’infanzia, della fiaba, della parabola. Le sue (non) storie inaspettate e poetiche, sono un perfetto incrocio tra fumetto popolare e fumetto d’autore, tra favola e poesia, tra innocenza e consapevolezza. I suoi racconti oscillano tra la libertà totale delle forme narrative (e grafiche) e il desiderio di raccontare una fiaba metaforica con il sapore della parabola. -taglio- Sono molte le storie che Mattotti chiude con l’immagine di una città, alcune di loro, assumono la forma di un reportage da luoghi esotici: fatti di atmosfere, ombre, luci e odori. Forse il più complesso tra i lavori grafici è l’album “Caboto” realizzato su commissione nel 1992, in occasione del cinquecentenario della scoperta dell’America. La prima opera storica disegnata da Mattotti, dedicata al grande mercante ed esploratore, astronomo e cartografo della Serenissima è per l’autore l’occasione di rivisitare la pittura del Cinquecento e del Seicento. La straordinaria creatività di Mattotti trova l’espressione nella realizzazione di numerosissime copertine, illustrazioni e campagne pubblicitarie per le riviste internazionali quali “The New Yorker”, “Glamour”, “Vanity Fair”, “Cosmopolitan”, “Le Monde” ed altre. La vera popolarità la raggiunge con il manifesto per il Festival di Cannes (2000), che lo rende famoso in campo internazionale. Da qui, scaturiscono varie collaborazioni, come quella con Lou Reed, dove nel 2010 nasce l’opera The Raven (Il Corvo). Importante la presenza di Mattotti nel mondo del cinema. Nel 2004, collabora al film “Eros” di Wong Kar-wai, Steven Soderbergh e Michelangelo Antonioni, per cui realizza i segmenti di collegamento fra i tre episodi, accompagnati da musiche di Caetano Veloso. Altrettanto numerose sono -taglio2- le partecipazioni di Lorenzo Mattotti a film di animazione, fra queste “Pinocchio” di Enzo D’Alò. Tra gli ultimi lavori, da regista, un film animato tratto dal racconto di Dino Buzzati “La famosa invasione degli orsi in Sicilia”. Tutti i disegni dell’artista bresciano sono caratterizzati da un tratto netto e minuzioso, con audaci incursioni nel colore vivace e vibrante, dove il segno ( un felice e sorprendente risultato di una miscellanea di vari medium artistici) assume la forma omogenea e vellutata, fondendo singoli tratti in macchie di colore compatto e forte. Le opere pittoriche, invece, si differenziano dal disegno per le sue atmosfere misteriose e liquide, dell’acqua e dei giardini segreti. Come nella serie “Ombre umide” (1996), grandi acrilici trattati come acquerelli, dove al centro c’è un uomo e una donna, due figure che si fondono con il paesaggio, sorprese in una serra o nel fitto fogliame di un eden primordiale. Mattotti, studioso di nuovi linguaggi espressivi, attraverso il suo lavoro, esprime un modo diverso di narrare e di trattare il colore. I pensieri, imprevedibili come graffi, possono essere scritti e anche illustrati. Quando l’immagine si trasforma in scrittura, trova un linguaggio universale che non necessita di traduzione. I suoi, sono racconti muti, che hanno mille voci e che si servono di idiomi visivi onnicomprensivi.


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