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L’identità è tutto!

di Laura Fiore

Numero 177 - Maggio 2017

Hanno iniziato cantando in lingua inglese, per poi ritornare all’origine e ritrovare la propria identità stilistica, non hanno paura di dire la loro e sono una realtà della musica italiana


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Skelter, questo il nome della band che sta attirando l’attenzione del panorama della musica italiana, riportando l’originalità di uno stile, ormai un po’ troppo cambiato, come il brit pop nelle nostre radio. Il gruppo nasce nel 2004 e fino ad oggi ha suonato in oltre 150 date in Italia ed ha all’attivo anche 2 tour europei; da poco è uscito il loro nuovo lavoro discografico “Rivoluzione 9” che già dal primo ascolto conferma la grande capacità comunicativa di questa band. Abbiamo scambiato due chiacchiere con Emanuele, batterista, che ci ha spiegato il forte messaggio di questo disco.

Sia il nome dell’album che quello della vostra band, si ispirano apertamente ai Beatles, che tipo di legame vi unisce al gruppo britannico?

“Siamo cresciuti con i Beatles! I primi vinili che abbiamo ascoltato sono stati quelli dei Fab four, con loro c’è un legame molto speciale: non stati solo una band musicale, ma qualcosa di più. I Beatles hanno inventato il pop, si prima di loro c’è stato Elvis ed altre icone, ma loro sono riusciti ad andare oltre entrando nelle case di tutti e facendosi conoscere aldilà della musica. Ci hanno sempre affascinato come personaggi, il loro modo di far musica, cosa hanno scritto e cosa hanno detto e come l’hanno fatto!” -taglio- Rivoluzione 9, contiene 9 brani e riporta artisticamente al compimento di un ciclo per la band, spiegaci meglio...

“Già dal titolo, abbiamo scelto un brano molto esoterico dei Beatles, ci siamo concentrati sulle energie e sulle vibrazioni positive. Questo lavoro discografico rappresenta per noi un ciclo che si è chiuso, ma che continuerà ad aprirsi. Per esempio, all’inizio cantavamo in inglese e poi per varie coincidenze abbiamo mirato sulla situazione italiana ed abbiamo iniziato a cantare in italiano; questo ci ha fatto riscoprire un po’ di più noi stessi. Diciamolo, quando canti in inglese puoi essere anche bravo ma non sarai mai al 100% te stesso, perché stai cantando in una lingua non tua e stai vivendo qualcosa che alla fine ti appartiene ma fino ad un certo punto. Per noi ha significato tanto questo cambiamento, perché ci siamo ritrovati in questo disco, e abbiamo voluto creare una sorta di concept album; i brani hanno un’impronta univoca: ovvero parlano di risveglio, la gente deve capire che non bisogna mollare ma andare avanti nonostante tutto e credere in tutto ciò che si fa, nonostante tutte le situazioni che la vita ci propina. Inoltre, è un onore ed una felicità immensa essere riusciti a far uscire un disco del genere, crediamo molto in questo progetto e senza presunzione sentiamo di essere sulla buona strada.”

Il primo singolo uscito è stato “Londra”, parla di sogni che si realizzano, può essere definito un brano autobiografico?

“Certo! Con tutta questa situazione dei social, i like, abbiamo perso un po’ la testa e ci sentiamo tutti delle star, dimenticandoci della realtà. Non dico che non sia un mezzo di comunicazione valido per chi fa musica, anzi, ma dovremmo capire prima chi siamo, dove vogliamo andare e se quella cosa fa per noi. Dobbiamo cercare di essere sempre noi stessi e non perdere la nostra identità. Noi abbiamo costruito tutto sempre con le nostre mani, Eed essere arrivati al punto di poter produrre la musica come piace a noi, è già un bel traguardo.” -taglio2- Avete da poco concluso l’Uniweb tour, che vi ha visto protagonisti con dei live nelle maggiori web radio universitarie italiane, com’è andata?

“È stata un’esperienza bellissima, chi ha la fortuna di fare una cosa del genere si rende veramente conto che in Italia la musica è considerata tanto. Abbiamo una cultura fortissima, nonostante i tagli che fanno all’istruzione, noi italiani siamo artisti nell’animo e siamo alla ricerca di cose nuove. Tutti i ragazzi delle radio sono stati bravissimi, infatti, ne approfitto per fare le congratulazioni a tutte le radio universitarie che ci hanno ospitato e ci hanno accolto alla grande. Viaggiare, conoscere gente, farsi ascoltare, accogliere una critica costruttiva: è stato un divertimento, anche perché per noi andare a suonare è sempre un po’ come fare un gita fuori porta. Siamo ‘professionisti’, siamo nel settore musicale e ci dà gioia alzarci la mattina e fare qualcosa che ci piace e ci appaga.”

Com’è la vita quotidiana di una band?

“In generale c’è un equilibrio abbastanza buono! Considera che io e Giuseppe – voce, chitarra, synth - siamo fratelli e a Catanzaro, nostro paese d’origine, ci hanno sempre chiamato i Russogher poiché abbiamo sempre fatto un po’ di zuffe e ragazzate varie. Questa cosa è troppo simpatica ed essendo cresciuti col brit pop, ci sentiamo un po’ i Gallagher del sud Italia! Scherzi a parte, siamo abbastanza complici ed anche con gli altri si crea una buona energia quando si suona e si registra, ovviamente siamo quattro teste da dover mettere d’accordo, ma per fortuna ora c’è l’etichetta Red&blue che ci mette in riga!”

Avete in programma un tour?

“Abbiamo suonato a Bologna, Milano, Torino, e qualche giorno fa siamo stati a Roma e Napoli. Siamo già stati confermati per dei Festival estivi, ma ahimè non posso ancora dire nulla, comunque su tutti i nostri canali ci saranno tutte le notizie.”





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