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La storica Villa Belvedere

di Yvonne Carbonaro

Numero 187 - Aprile 2018

“Innàmorati di Napoli con gli Innamoràti di Napoli 2018” manifestazione voluta dal Comune di Napoli in cui circa 50 “Ciceroni” noti illustrano i monumenti cittadini


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Sulla collina esistevano già da tempo i casali agricoli del Vomero (da vomere: aratro) e dell’Arenella, vi aveva posseduto una vasta proprietà il Pontano, vi era nato Salvator Rosa, vi aveva casa Giovan Battista Della Porta ma la Villa (poi detta) Belvedere, che precede la creazione della Floridiana, fu uno dei primi insediamenti gentilizi. Su un casino immerso nel verde risalente al ‘500, Antonio Donato Altomare nel secolo successivo creò degli ampliamenti. Nella seconda metà del ‘600 la costruzione fu acquistata dal marchese Ferdinando Vandeneyden, ricco mercante e collezionista d’arte di origine fiamminga, già proprietario del Palazzo Zevallos in via Toledo, che essendo malato di tisi voleva godere dell’aria collinare più salubre. Ho avuto il piacere di illustrare quest’anno in veste di "Cicerone" la Villa Belvedere al Vomero, poco conosciuta ai più, nonostante la sua ragguardevole storia. È stata ripetutamente set cinematografico: presso la fondazione Ugo Matania, lì ubicata nel 1992 Mario Martone ha girato scene di “Morte di un matematico napoletano”. Di recente nella villa sono stati ambientati momenti de “I Bastardi di Pizzofalcone”. -taglio- Nel corso della visita guidata mi ha affiancato come altro “Cicerone” il giovane ingegnere Luigi Cosenza, mio coautore del libro “Le ville di Napoli”, che vi abita da molti anni e che sulla villa ha sviluppato la tesi di laurea. Mentre io mi soffermavo sulle vicende storiche, egli ha specificato le caratteristiche architettoniche della struttura settecentesca e indicato le preesistenze del cinque e seicento. La ristrutturazione fu affidata nel 1671 dal Vandeneyden al monaco Bonaventura Presti, architetto-ingegnere di fiducia del Cardinale Ascanio Filomarino (quello del tempo della rivolta di Masaniello). Presti aveva lavorato a San Martino e nello stesso Palazzo Zevallos. Nella “Pianta ed alzata della città di Napoli” del 1698 il Petrini descrive l’edificio a due piani con quattro torri angolari e con loggiato panoramico verso la collina di Posillipo e il mare, collegato alla “strada del Vomero” da un lungo viale. Quando poi l’ultima figlia del Vandeneynden, Elisabetta, che aveva ereditato la proprietà, sposò Carlo Carafa quarto Principe di Belvedere, la dimora prese il nome di Villa Belvedere. Fu ampliata nel corso del Settecento dal loro figlio Francesco Carafa, che faceva parte della corte del re, assumendo, con il grande parco, appositamente sistemato, le caratteristiche di lussuosa residenza extraurbana adeguata al rango dei Principi di Belvedere che vi raccolsero numerose opere d’arte. Sul finire del secolo, in previsione del soggiorno estivo della regina Maria Carolina, moglie di Ferdinando IV, desiderosa di frescura essendo incinta per la diciassettesima volta, fu resa ancora più regale ed imponente, tanto che Salvatore Palermo nel 1792 nel suo aggiornamento dell’opera del Celano la inserisce tra le “Reali Ville”. Altro ospite illustre fu poi Gioacchino Murat. -taglio2- La fase di massimo splendore del '700 andò declinando nell'800 e la grande dimora fu divisa e venduta in lotti e via via il parco scomparve fagocitato dalla cememntificazione. Nel '900 e oltre diviene sede di molti artisti e intellettuali: dalla dinastia di artisti Matania, celebri pittori e illustratori, che giunge fino alla gentile Tullia, al musicologo rossiniano Sergio Ragni, al celebre scultore Sergio Fermariello. La nostra visita è stata molto articolata: dall'esedra adibita a suo tempo all’accesso delle carrozze su via Belvedere 33 (l’antica via del Vomero), e poi lungo il viale (una volta inserito completamente nel verde ma deturpato da una muraglia di costruzioni degli anni settanta con le auto parcheggiate là dove erano collocate belle statue di marmo) siamo giunti al cortile d’ingresso alla villa e quindi al bel giardino panoramico detto “La Flora” ancora ben tenuto. Salendo poi per l’ampio scalone seicentesco di pietra lavica, siamo entrati nello sfarzoso piano nobile, oggi “Belvedere Carafa” dove si conservano due affreschi di Luca Giordano oltre a vari oggetti e quadri e a un pavimento maiolicato del '700. La struttura, oggi sede di eventi di prestigio, si presenta molto elegante e curata sia negli interni che sui terrazzi super panoramici che offrono una meravigliosa vista della città. Insieme alla manager Marilena Di Martino, la signora Carla Maria della famiglia dei proprietari del suddetto piano nobile, i marchesi Rocco de Marinis che prima vi abitavano, custodisce con amore e attenzione ricordi storico-artistici e di famiglia, tra cui uno degli splendidi mandolini di suo padre Ernesto Rocco, “il Paganini del mandolino” musicista molto apprezzato dallo Zar di Russia presso il quale era stato ospite per vari anni.


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