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Il tempo siamo noi e i nostri sogni

di Franco Salerno

Numero 186 - Marzo 2018

La salvifica filosofia del tempo nella cultura latina


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Il personaggio del “ritardatario cronico” si va diffondendo sempre di più in questa nostra società perennemente “connessa” e incessantemente “veloce”. Di una velocità tale che non ci consente di mantenere gli appuntamenti e di regolarizzare le relazioni e gli affetti. È stato documentato che molti dei ritardatari sono proprio persone che vorrebbero mantenere relazioni felici con amici, familiari e colleghi e quasi si vergognano del danno che il loro ritardo può causare alle loro relazioni e anche alle loro carriere. Insomma, il problema del tempo sta diventando uno dei problemi del nostro tempo. E, allora, come al solito, per trovare modelli di comportamento razionali e ispirati da una salda visione del mondo, diamo uno sguardo alla cultura dell’antica Roma, che elaborò una vera e propria filosofia del Tempo. Possiamo partire da alcuni aforismi degli scrittori latini. -taglio- Cominciamo dall’età augustea. Nelle sue “Bucoliche” Virgilio scrisse che “il tempo porta via tutto” a proposito del pastore Meride che si lascia andare a un malinconico ricordo della propria giovinezza. In maniera ancora più icastica, il poeta Ovidio nelle sue “Metamorfosi” definì: “Il tempo divoratore di tutte le cose”, espressione che poi in età moderna ha suggerito a Salvator Rosa una frase ancor più inquietante, inserita nelle sue “Odi”: “Rode il tempo ogni cosa e non si sente/. D’ogni umano splendore/ i più lucidi raggi ecclissa il niente.”. Poi, nell’età dell’Impero Romano, Lucio Anneo Seneca, che ha tratti più moderni rispetto a pensatori a noi contemporanei, pronunciò un’originale sentenza su questo problema: “Il tempo è l’unica cosa nostra”. Spesso noi lo usiamo male, vivendo una vita spersonalizzata, quasi “la vita di un altro”. Qualche altra volta sono gli altri che ci sottraggono il tempo e ce lo “rubano”: chi ci ruba il tempo, che è il nostro tesoro e il possesso più personale che abbiamo, non ce lo potrà restituire mai più. Perché altro tempo intanto sarà passato. -taglio2- Arrivò poi il Cristianesimo e riscrisse il concetto di tempo. Il Salmo 90 della Bibbia recita: “I giorni dell’uomo sono come i fiori dei campi”, cioè destinati a perire. Il tempo ha un’azione diversa rispetto allo spazio. Questo, quando siamo nel ventre materno ci fascia e dunque (dice Monsignor Ravasi) “aderisce a noi” nella sua compattezza anche quando veniamo alla luce; il tempo invece “inerisce a noi”, nel senso che “sta dentro di noi”. E sta a noi, dotati di libero arbitrio, scegliere il tempo giusto. “C’è -scrive l’Ecclesiaste- un tempo per ridere e un tempo per piangere”. Se oggi ci rendessimo conto della profondità delle riflessioni dei nostri antenati, da un lato capiremmo la poesia della Vita e dall’altro ridimensioneremmo le nostre, spesso stupide, ambizioni. Concetti, questi, che ha condensato William Shakespeare nelle celebre sentenza de “La Tempesta”: “Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni; e nello spazio e nel tempo d'un sogno è racchiusa la nostra breve vita”.





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