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Furbi o succubi?

di Adriano Fiore

Numero 176 - Aprile 2017

Il Sud è uno dei più affascinanti ed al contempo complicati argomenti legati al nostro Paese, intendendo lo stesso non semplicemente dal punto di vista geografico ma, più propriamente, da un punto di vista etico-sociale e quindi incentrando il discorso sulla popolazione, uomini e donne, ovunque essi siano.


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Siamo un popolo di sudditi, gente che è passata da un dominatore all’altro, che ha visto per mare e per terra arrivare persone anche estremamente diverse dal proprio modo di essere e non per questo negandogli ospitalità, ascolto, comprensione e tolleranza, anche quando tutto ciò non era per nulla meritato. Non dimenticando tale caritatevole quanto controproducente tradizione (almeno col senno di poi), possiamo calarci appieno nelle vicende di oggi, e così cercare di interpretare alcuni fenomeni che il racconto politico delle ultime settimane ha portato all’onore delle cronache. In estrema sintesi, la mia attenzione è andata sul segretario della Lega Matteo Salvini che, in barba a tutta la sua tradizione partitica, ha avuto la brillante idea di andare a Napoli per cercare di far proseliti in occasione delle prossime politiche. L’evento ha causato non pochi mormorii sia nel capoluogo partenopeo sia fra gli stessi leghisti, con su tutti il commento di Umberto Bossi che non ha certo perso l’occasione di “tirare le orecchie” a chi sta snaturando la sua tanto amata creatura. -taglio- Alcuni di questi malumori sono anche sfociati in manifestazioni di piazza con, purtroppo, deplorevoli strascichi violenti, il tutto a dimostrazione (ovviamente criminalizzando chi non perde occasione per passare dalla parte del torto e dare argomenti alla controparte) che comunque il popolo è vivo e non ci sta ad aprire – ancora – le sue braccia al conquistatore di turno, questa volta padano, che fino a ieri sbeffeggiava allegramente gli stessi che oggi cerca di imbonire. Se non ci fosse altro da aggiungere, la notizia assumerebbe un grande significato di riscatto, la rivalsa dei cittadini per secoli oppressi che finalmente, dinanzi a chi ancora una volta provava a fregarli con un bieco populismo, rispedivano al mittente qualsivoglia lusinga, educatamente invitando l’avventore a tornarsene da chi sa apprezzarne la retorica. È andata così? Nemmeno a pensarci. Perché se da un lato c’è stata una parte di città che si è ribellata, in maniera lecita o meno, ma dall’altro c’è stato anche chi ha avuto la faccia di andare a sentire quelle finte parole, ad applaudire senza ritegno chi per anni ha ferito l’orgoglio di tanti uomini e donne destinatari di un odio cieco ed inspiegabile, inneggiando al Vesuvio e ad altri mali o infauste quanto irreali caratteristiche. In molti, quella mattina dell’11 marzo scorso, sono addirittura saliti insieme a Salvini sul palco, ci hanno messo la faccia, con in mano cartelli dove si auspicavano che colui che fino a ieri sperava che la lava incandescente li travolgesse diventi Premier del nostro già malandato paese. Certamente il numero di coloro i quali (mi auguro almeno lautamente pagati) inneggiavano al leader stranamente senza felpa, era alla fine esiguo in termini politici, ma il problema è che, date tali premesse, non è così scontato che tutti gli altri che invece non si sono apertamente schierati con chi è sceso in piazza siano -taglio2- comunque dalla parte dei manifestanti e non da quella dell’uomo che vuole ridare “l’Italia agli italiani”. La paura degli attentati, dei ladri, dei rapimenti, mista con la retorica del “ci rubano il lavoro”, “ci occupano gli ospedali” o del “paghiamo le tasse per loro” fa inevitabilmente proseliti, ed alla fine qualcuno che si farà convincere che “tanto ha chiesto scusa per il passato”, oppure che “i cori erano solo una ragazzata”, probabilmente ci sarà. E quindi, cosa accadrà? Beh, se dovesse succedere, di fatto non cambierà proprio niente: avremo al Governo politici che se ne fregano della questione meridionale, che non hanno la minima cognizione di cosa significhi essere del Sud e viverlo giorno dopo giorno, che davanti alle telecamere non lesineranno proclami e annunci, per poi alla fine interessarsi solamente degli affari propri o, al massimo, del proprio elettorato vero e non di chi, facendosi abbindolare per l’ennesima volta, ha perso anche questa occasione. Eppure noi del Sud siamo da tutto il mondo visti come quelli svegli, quelli che si arrangiano, che cadono sempre in piedi, che imbrogliano e sbeffeggiano il potente senza che nemmeno questi se ne accorga, riuscendo sempre a sopravvivere e, magari, anche a farsi grasse risate. Il mondo, tuttavia, sta cambiando, e chi magari prima si faceva “imbrogliare” ora ha capito bene la dinamica del gioco ed ha il coltello dalla parte del manico. Anche stavolta c’è da scommettere che ci sarà chi avrà il solito atteggiamento furbetto, provando a fare l’amico del giaguaro con la pretesa di risultare mascherato a dovere. Il problema è che più passa il tempo e più quelli ad essere nudi siamo noi e non il re, e con la differenza che quest’ultimo riesce benissimo a convincerci fino alla fine del contrario.





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