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A tutto stress

di Lucia De Cristofaro

Numero 183 - Dicembre 2017

“Sono talmente stressato che il fine settimana non mi basta per riprendere le forze; non riesco più a riposarmi.”… quante volte lo abbiamo affermato confidandoci con gli amici, quante volte al mattino non riusciamo a trovare la forza di alzarci, facendo un grande sforzo mentale per iniziare la routine quotidiana che inizia la nostra lunga e stressante giornata. Stress… ecco la parola che racchiude tutto il nostro star male, il percepire un calo delle nostre performance, dell’impegno e soprattutto della volontà di proseguire nella strada intrapresa professionalmente.


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“Sono talmente stressato che il fine settimana non mi basta per riprendere le forze; non riesco più a riposarmi.”… quante volte lo abbiamo affermato confidandoci con gli amici, quante volte al mattino non riusciamo a trovare la forza di alzarci, facendo un grande sforzo mentale per iniziare la routine quotidiana che inizia la nostra lunga e stressante giornata. Stress… ecco la parola che racchiude tutto il nostro star male, il percepire un calo delle nostre performance, dell’impegno e soprattutto della volontà di proseguire nella strada intrapresa professionalmente. Secondo gli esperti quando iniziamo a percepire questi sintomi siamo sulla soglia del “Burnout”, una sindrome che dal lavoro, evidentemente troppo prolungato e impegnativo, dove si manifesta in un primo momento, si estende alla vita sociale e familiare, ovvero a quella quotidianità che assorbendo le difficoltà lavorative, soprattutto di chi ha continui rapporti interpersonali: utenti, clienti e quant’altro si possa immaginare, incrina molto anche i rapporti affettivi familiari e interpersonali con chi si incontra nell’extra lavoro. Le cause possono essere tante, ma Il fattore scatenante, è di sicuro il luogo di lavoro e le sue problematiche. Chi è esposto continuamente, a elevati livelli di stress: sovraccarico di lavoro, poca autonomia, cattivi rapporti di lavoro e la mancanza di sostegno nel proprio ambiente, oppure la mancanza di formazione per svolgere i compiti affidati, sembra non sfuggire ad una sintomatologia che diventa sempre più nota. Ma perché non riusciamo ad essere distaccati, a prendere le distanze tra le nostre emozioni ed il lavoro, facendoci coinvolgere, anzi stravolgere, spesso in modo totale da esso? -taglio-Probabilmente una possibile risposta è da ricercare nell’ entusiasmo idealistico, che ci ha spinto a quel determinato ruolo lavorativo, e che apre le porte alla delusione quando gli altri non condividono il nostro entusiasmo, il nostro voler fare di più e meglio; di conseguenza più salgono le nostre aspettative rispetto agli obiettivi che ci siamo prefissati, maggiormente la mancata realizzazione degli stessi fa calare il nostro entusiasmo, l’interesse e veniamo pervasi da un senso profondo di frustrazione, dalla profonda sensazione di insoddisfazione, oberati di lavoro, ma poco apprezzati. Tutto ciò avviene nelle prime tre fasi, cui potrebbe subentrarne una quarta più profonda, in cui diventiamo completamente apatici e l’interesse e la passione per il lavoro che si è scelto e per cui ci si è fortemente impegnati si spengono completamente. Capito il problema dobbiamo allora porci sin dall’inizio nella condizione di un necessario equilibrio tra lavoro e vita privata, scandendo bene i tempi cui dedicarsi alla professione e a se stessi, famiglia compresa, in modo da ricaricarsi dallo stress che immancabilmente la nostra professione ci può creare ed evitare di vivere soltanto per essa. Certo non è facile distaccarsi da ciò con cui si viene in contatto ogni giorno, soprattutto se il lavoro che svolgiamo ci mette in relazione con il disagio, l’handicap, la sofferenza umana per la quale vorremmo fare molto di più rispetto a ciò che le leggi e le istituzioni, di cui facciamo parte, ci permettono di fare, ma è importante evitare il logorio continuo che ci conduce all’estrema sensazione d’impotenza, ovvero il “Burnout”.-taglio2- Infatti, se anche il nostro orizzonte ci appare oscuro, il primo rimedio è riconoscere la sindrome dai vari sintomi, evitando di farci risucchiare in un mondo isolato e poco propenso al sociale. Rimboccarsi le maniche dovrà essere il nostro motto, dunque, ma non per lavorare, bensì per ritrovare la giusta dimensione di vita. Ecco alcuni consigli: 1 - Concedersi un orario più flessibile o lo smart working; 2 - intervenire sul proprio rapporto con gli altri, per migliorare la socialità nell’ambiente di lavoro, cercando di contenere irritazione, nervosismo, rabbia soprattutto se immotivata; 3 - Prendere delle pause durante il giorno per ricaricarsi o se possibile concedersi del tempo lontano dal lavoro per fare le cose che piacciono; 4 - riscoprire i propri interessi, competenze e passioni, anche se questo potrebbe comportare decisioni drastiche, come quella di considerare l’alternativa di cambiare lavoro, per trovarne uno più in linea con quello che piace veramente o che lasci più tempo da dedicate alla famiglia; 5 - Usare delle tecniche di rilassamento o fare dell’esercizio fisico per ridurre lo stress e distrarsi dai problemi che possono verificarsi sul posto di lavoro;6- dormire almeno 7 o 8 ore a notte per sentirti meno stanco ed irritato durante il giorno; 7- mantenere una mente positiva ed aperta. “Lo stress è uno stato di ignoranza. Esso crede che ogni cosa sia un’emergenza. Ma nulla è così importante.” – affermava Natalie Goldberg, ed è questo il pensiero che dovrebbe accompagnare le nostre giornate per essere degne di essere vissute.





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